Hyperion: capolavoro post Cyberpunk
Etichettare l’opera di Simmons non è facile. L’autore, infatti, si è mostrato capace di sconfinare in diversi generi quali fantascienza, horror, giallo e fantasy. Senza contare gli agganci con i grandi classici della Letteratura, da Geoffrey Chaucer a Boccaccio, da Dante a John Keats.
Ed è proprio il poeta romantico Keats, rinato nel corpo e nella coscienza cibernetica di un cìbrido, il vero protagonista delle vicende narrate nei primi due volumi della saga di Hyperion. A lui è affidata la salvezza e il futuro della razza umana.
Siamo nel ventottesimo secolo, in un universo di straordinaria complessità fantastica. La Vecchia Terra è scomparsa (o almeno questo è ciò che si crede…), collassata su se stessa come era accaduto all’impero di Roma millenni prima. I pianeti colonizzati dall’umanità orfana hanno sostituito stati e continenti. I viaggi spaziali sono possibili grazie alle “balzonavi” (che però condannano chi viaggia a vivere fuori dal tempo) e soprattutto tramite i teleporter, cancelli artificiali che annullano le distanze più remote. Sette persone si incontrano su un’astronave diretta verso il pianeta Hyperion. Sono state scelte per compiere un pellegrinaggio fino al luogo in cui imperversa lo Shrike, un dio malvagio che viaggia a ritroso nel tempo per infliggere dolore all’umanità. La leggenda vuole che il Signore della Sofferenza esaudisca i desideri di uno solo dei postulanti e uccida gli altri pellegrini.
I sette viaggiatori (un prete cattolico, un eroe militare, un poeta, uno storico, una detective, un diplomatico e un mistico) decidono di raccontare le proprie storie e i motivi per cui hanno deciso di sottoporsi al giudizio dello Shrike. Evidente il riferimento al Decameron e alle Canterbury Tales, in cui la trama viene tessuta dalle narrazioni dei protagonisti. Questi plots within the plot vengono intervallati da alcuni flash sul viaggio e sulla situazione politica che fanno da sfondo alle vicende.
Apparentemente perfetto, fondato sul patto fra l’Egemonia dell’Uomo e le macchine del TecnoNucleo, l’Universo conosciuto è minacciato dagli Ouster, predoni che vivono stabilmente in stazioni vaganti nello spazio (gli sciami) e che si sono ormai allontanati dalla civiltà. Per anni emarginato dalla Rete, Hyperion è ora il fulcro della crisi che si sta abbattendo sull’Egemonia. Da un lato è l’oggetto dell’imminente invasione degli Ouster e dall’altro è il luogo in cui si stanno per aprire le Tombe del Tempo, i templi in cui dimora lo Shrike, finora inaccessibili e incomprensibili all’uomo.
In questo scenario apocalittico, i sette pellegrini narrano le loro storie. Storie bellissime e originali che sarebbe riduttivo compendiare e che, pertanto, lascio alla vostra curiosità di lettori. Il romanzo volge al termine in un baleno e si interrompe proprio sul più bello. Il gruppo si appresta ad entrare nella dimora dello Shrike, canticchiando un vecchio motivo del film Il Mago di Oz.
Nella prima parte, lo sforzo di Simmons è interamente volto ad introdurre i personaggi, a farci capire come ragionano, che cosa vogliono, come si esprimono. Tale introspezione psicologica assume ogni volta una forma diversa, a seconda dell’io narrante. E così passiamo dallo stile semplice di padre Hoyt a quello rude ma intenso di Kassad. Dai toni pomposi e spesso volgari di Martin Sileno a quelli noir di Brawne Lamia. Insomma, come nelle Canterbury Tales, Simmons riesce a proporre non solo e non tanto dei personaggi, ma dei veri e propri tipi umani, ognuno con vizi e virtù definiti e perfettamente armonizzati nella storia.
Fra i tributi a Boccaccio, Chaucer e Keats, l’influenza cyberpunk in Hyperion risiede nel riferimento alla matrice gibsoniana, che avviene nel racconto dell’investigatore:
Conoscete tutti la terribile bellezza del piano dati, delle strade tri-di con il loro panorama di ghiaccio nero, dei perimetri al neon, degli strani anelli e dei grattacieli luccicanti di blocchi-dati sotto le nubi sospese delle IA. Anch’io vidi questo panorama, correndo a cavalluccio sull’onda portante di BB. Fu quasi eccessivo. Troppo intenso. Troppo terrificante. Sentivo perfino le nere minacce dei corpulenti fagi di sicurezza, sentivo l’odore di morte nell’alito dei virus tenia in controspinta, anche attraverso gli schermi di ghiaccio, sentivo il peso della collera delle IA sopra di noi… eravamo come insetti sotto una zampa di elefante, e non avevamo ancora fatto nient’altro che viaggiare su vie dati approvate in una regolare missione d’accesso inventata da BB, una sorta di lavoro a casa per l’ufficio Controllo Flusso Registrazioni e Statistiche. E portavo cavetti piantati nel cranio, vedevo cose in una versione piano dati simile a un confuso apparecchio TV in bianco e nero, mentre Jhonny e BB ne vedevano la piena versione olo stim-sim così com’era.
Rimando il resto della storia (priva di spoiler, ovviamente) e i commenti finali alla seconda parte della recensione, che conto di postare entro qualche giorno. Per ora mi auguro sinceramente di avervi invogliato a comprare il primo volume…