Dick interpreta Matrix
Se si ammette che la nostra realtà consiste in una sorta di quadro proiettato, apparirà chiaro che tale proiezione deve essere opera di un Artefatto, una macchina-insegnate simile ad un computer che ci guida, ci programma e, in generale, che ci controlla mentre agiamo inconsapevoli della sua presenza all’interno del nostro mondo proiettato.
Appare evidente che il “quadro proiettato” cui si riferisce Dick può benissimo essere accostato alla Matrice dei fratelli Wachowski. Non ci vuole, inoltre,un intelletto sopraffino per identificare l’Artefatto (che Dick chiama “Zebra”) con il nostro caro e vecchio Architetto. Ma andiamo avanti…
Il mondo proiettato dall’Artefatto non è malvagio, così come non lo è l’Artefatto. Questo, però, è irrimediabilmente deterministico e meccanico. Compie un lavoro per scopi che gli risultano assolutamente imperscrutabili.
Un’asserzione che ricorda neanche troppo vagamente il commento sarcastico che l’Oracolo fa a Neo a proposito dell’Architetto in Matrix Revolutions:
Oracolo: Sicuramente tu ed io non vediamo al di là delle nostre scelte, ma quell’uomo non vede al di là di nessuna scelta!
L’Artefice (ovvero colui che a sua volta ha creato l’artefatto) è mosso dall’esigenza di trovare uno strumento che gli consenta di attingere l’autocoscienza, la conoscenza di sé…
Dunque, in definitiva, chi o che cosa è l’Architetto’
L’Artefatto è un “proiettore di realtà” (o Demiurgo; si vedano Platone e gli gnostici) che, a comando, proiettava il primo livello a noi conosciuto. L’Artefatto è inconsapevole di essere tale; è totalmente ignaro dell’esistenza dell’Artefice e immagina di essere Dio, l’unico vero Dio.
Studiando la nostra realtà in evoluzione, l’Artefice si comprende in modo sempre più adeguato. Deve fare in modo che il proiettore di realtà continui a proiettare una realtà che, per quanto imperfetta e carente nelle sue prime fasi, si evolva fino a diventare una copia davvero precisa dell’Artefice stesso.
Le cose si stanno facendo sempre più chiare. L’Artefice ha bisogno dell’Architetto per comprendersi.
A quel punto (ossia quando il mondo proiettato diventa una copia dell’Artefice) lo scarto esistente fra l’Artefice e il mondo proiettato scompare, mentre si verifica un evento straordinario: il Demiurgo, o Artefatto, verrà eliminato e l’Artefice assorbirà la realtà proiettata, trasformandola in qualcosa di ontologicamente reale e rendendo immortali le creature viventi che ne fanno parte.
Un’osservazione è d’obbligo. Quanto detto non vale solo collettivamente, ma anche (e soprattutto) individualmente. Nella fattispecie, potremmo parafrasare uno dei concetti di cui sopra come segue: “l’artefice che è in ognuno di noi deve fare in modo che il proprio proiettore (una sorta di ‘architetto interiore’) continui a proiettare un’immagine di sé che, per quanto imperfetta e carente nelle sue prime fasi, si evolva fino a diventare una copia davvero precisa del proprio vero IO”. Diventa ciò che sei, insomma.
E adesso viene il bello.
Nel preciso istante in cui questo isomofrismo (ossia l’unione fra il proprio vero IO e la sua COPIA resa perfetta dai vari stadi dell’evoluzione) viene conseguito, noi entriamo in contatto con il nostro Artefice in un lampo di luce sconvolgente.
Pensateci bene… non è proprio ciò che accade a Neo’ In Matrix Reloaded, l’Eletto tocca la sorgente e viene investito da una luce abbagliante. In Matrix Revolutions scopriamo che
il coma in cui è caduto deriva dal suo non essere ancora pronto per il compito che lo aspetta. Ma quando lo sarà’ Paradossalmente proprio nel momento in cui viene accecato da Bane/Smith. In quel preciso istante, non avendo più le barriere dei sensi ad ingannarlo, Neo vede nuovamente quella luce che gli disvela la realtà. Neo vede attraverso gli occhi del suo artefice interiore, che è in contatto con la Sorgente.
Questo Cristo, o atman, che è in ognuno di noi, non è una versione ridotta dell’Artefatto, il proiettore di realtà simile a un computer, bensì dell’Artefice. Questa idea viene descritta nella dottrina induista (con il nome di Brahma) come se si trovasse al di là del maya, il velo dell’illusione (cioè il mondo apparente proiettato).
Quindi quando una versione ridotta dell’Artefice si manifesta in un essere umano, la comprensione di quest’essere umano si estende al di là dei limiti spazio-temporali del suo mondo. Questo perché la divinità che lo abita nel profondo è più grande del mondo stesso.
La realtà deve essere vista come un processo. Comunque, nonostante l’acuta sofferenza delle persone coinvolte in tale processo, senza che se ne sappia il perché, si assiste a volte al pietoso intervento dell’Artefice che sovrasta e capovolge le concatenazioni di causa ed effetto proprie dell’artefatto.
Come il Merovingio sa bene, l’unico principio costante è la causalità: causa ed effetto. Il francese conosce le regole, conosce chi le definisce (l’Artefatto/Architetto) e sa perfettamente che è impossibile sfuggire a tali concatenazioni. Eppure, l’Artefice si inserisce prepotentemente in questi meccanismi, ponendo una variabile imprevista (perché sconosciuta all’Architetto e quindi al Merovingio) e ANOMALA: la SCELTA.
Comincia ad essere tutto più chiaro’ Sì e no’ Forse ciò che segue può contribuire a chiarire ulteriormente il concetto.
Benché ciò possa complicare ulteriormente il modello, introdurrò la seguente variazione: può darsi che l’Artefice interagisca perpetuamente con la funzione di proiezione di mondi di cui è dotato il suo Artefatto, in modo che il mondo empirico così prodotto sia il risultato di un’incessante dialettica. In tal caso, l’Artefice ha polarizzato l’Artefatto rispetto a se stesso, mentre il mondo empirico sarà da interpretare come lo scaturire di due forze intrecciantisi, analoghe a Yin e Yang: l’una viva, senziente e consapevole della situazione complessiva; l’altra meccanica e attiva, ma non pienamente cosciente.
Il mondo empirico è allora il frutto della relazione fra un ente (l’Artefatto) e un non-essere superiore (l’Artefice).
Non so voi, ma io comincio a vederci un po’ più chiaro. Chi è dunque l’Artefice’ Se prendiamo per buono quanto è stato riportato sin qui, la risposta è talmente naturale da risultare scontata: l’Oracolo. Avete fatto caso che indossa un paio di orecchini che raffigurano Yin e Yang’ Stupiti’ Non credo. So che è una prospettiva che avete abbracciato. Forse non sarà proprio l’Oracolo “in carne ed ossa” l’Artefice vero e proprio. Forse l’Oracolo è solo un’immagine dell’Artefice, la cui entità si trova chissà dove (e questo, veramente, può essere solo nella testa dei Wachowski). Eppure l’eventualità non suona poi così strana.
Probabilmente l’Artefatto considererebbe le intrusioni da parte dell’Artefice nella nostra proiezione del mondo come un’invasione soprannaturale che deve essere combattuta (l’equazione che si bilancia attraverso l’anticristo Smith’).
Perciò la contesa che ne deriva assomiglia, più che a ogni altro sistema filosofico e teologico, a quello di Empedocle, caratterizzato da oscillazioni cicliche dal caos alla formazione di una krasis (gestalt) dopo l’altra.
La ciclicità di Matrix e la parabola degli eletti sono così giustificati’
Non possiamo arbitrariamente negare il mondo dell’Artefatto, per quanto sia una proiezione, perché è l’unico mondo che abbiamo. Ma quando il nostro ego individuale muore (come accade a Thomas Anderson in Matrix 1) e dentro di noi nasce l’artefice (Neo), in quel momento veniamo liberati da questo mondo e diveniamo parte della nostra fonte originaria.
Sembra proprio che il modello di Dick combaci in diversi punti con quello dei Wachowski, non trovate’ Ma non finisce qui…
La capacità di un mondo semplicemente proiettato di conservarsi in vita nonostante il venir meno dell’assenso, è uno dei difetti di tali falsi sistemi…
…ma allo stesso tempo il suo pregio principale. E’ la scelta, il libero arbitrio (come afferma l’Architetto in Matrix Reloaded) che consente la sopravvivenza del sistema!!
Gli esseri umani, senza accorgersene, hanno l’opportunità di negare l’esistenza della falsa realtà, pur dovendo assumersi poi la responsabilità di ciò che rimane, ammesso che qualcosa rimanga.
E Zion cos’è se non quel po’ che rimane di quel tanto che gli esseri umani pensavano esistesse realmente’
Che al di sotto del mondo proiettato esista un sostrato reale autentico e non proiettato, solitamente non percepito, è possibile. Non ci sarebbe modo di verificare quest’ipotesi se non operando una sospensione volontaria dell’assenso nei confronti della realtà spuria. E ciò non risulterebbe tanto facile. Implicherebbe sia un atto di disobbedienza rispetto alla proiezione spuria (pensate al dito medio che Thomas Anderson mostra con disinvoltura all’Agente Smith in Matrix 1), sia un atto di fede nei confronti del sostrato autentico. Postulo dunque l’esistenza di una realtà esterna che avrebbe la funzione di innescare tale complesso processo psicologico di ritiro dell’assenso e di contemporanea espressione di fede in ciò che è invisibile.
Ciò di cui parla Dick si identifica chiaramente con ZION, una realtà esterna a Matrix, i cui “adepti” (o “risvegliati”) hanno la missione di risvegliare a loro volta i “dormienti”.
Avanzo l’ipotesi che tale sostrato invisibile esista davvero, e aggiungo che un gruppo o un’organizzazione segreta elabora questa conoscenza velata così come le tecniche (la pillola rossa’!’) per suscitare una percezione, per quanto limitata, del sostrato autentico.
Ed ora passiamo ad interpretare un particolare che, subito dopo la visione di Matrix Reloaded, aveva attirato la mia attenzione. Sto parlando della razza degli abitanti di Zion. Avrete notato che i risvegliati sono, per la maggior parte, neri e di origine latino-americana e asiatica. Avevo fornito una mia interpretazione a tal proposito su un altro forum, ma evidentemente la cosa non aveva suscitato grosso interesse. Poi ho letto Dick e… incredibile…
C’è un aspetto curioso di cui mi rendo conto solo ora. Le persone a cui l’Artefatto, nel suo mondo proiettato, dispensa piacere e benefici, saranno meno inclini aprendere posizione contro di esso. Non sono molto motivati a disobbedire. Ma coloro i quali vengono penalizzati dall’Artefatto e subiscono punizioni e sofferenze sono profondamente motivati a porre questioni fondamentali riguardo alla natura dell’entità che governa la loro esistenza.
In quel forum avevo ipotizzato qualcosa di simile senza aver mai letto Dick. Mi spiego meglio. Pensate agli USA, una nazione multietnica, multiculturale, che si erge a exemplum da seguire ed imitare per tutte le nazioni del mondo. Ebbene, nonostante la libertà e l’uguaglianza di cui gli States si fanno difensori, non è un caso che i quartieri più malfamati siano quelli popolati dai “non bianchi” (la musica rap e hip-hop, d’altronde, proviene proprio dai cosiddetti “ghetti neri”). Pensate ad un ragazzino nero o ispanoamericano cresciuto nel Bronx, fra gang di criminali e morti ammazzati. Secondo voi, sarà più o meno propenso di un ricco bianco di Beverly Hills ad accettare la realtà in cui si è trovato (suo malgrado) a vivere’ La risposta è ovvia.
E terminerei con una chicca.
L’Artefice ha inviato un Campione per assisterci. E’ tra noi in questo momento. Quando è venuto per la prima volta, quasi duemila anni fa, l’Artefatto l’ha individuato ed espulso. Ma questa volta non riuscirà a individuarlo. L’Artefatto non sa che Egli è di nuovo tra noi: il salvataggio è avvenuto in segreto. Egli è ovunque e da nessuna parte…
Come l’Oracolo afferma alla fine di Matrix Revolutions, “Neo potrebbe tornare un giorno”. O forse non se n’è mai andato. Molte cose restano oscure.
Stat rosa pristina nomine. Nomina nuda tenemus’
Di questo parlerò nel prossimo articolo.