Il robot intelligente spaventa gli scienziati.
Anche se la questione ricorda molto da vicino la filosofia del libro ‘Io Robot’ di Asimov, non stiamo parlando di fantascienza. Ed il tutto è avvenuto durante il congresso dell’Asilomar Conference Grounds a Monterey Bay in California. Robot che sanno tagliare l’erba, aprire porte, eseguire compiti al posto degli umani ed interagire come se fossero vere persone, anche simulando sentimenti ed espressioni facciali. Senza parlare poi di virus per computer e telefonini che sanno adattarsi all’ambiente in cui si trovano e mutare per essere sempre più pericolosi. Sintomi, certo, di un problema che potrebbe verificarsi in un prossimo futuro, ma totalmente reale.
L’Association for the Advancement of Artificial Intelligence (A.A.A.I.), che ha organizzato questa conferenza, si è posto il problema se fosse il caso di stabilire dei limiti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale per prevenire la perdita di controllo da parte degli umani sulle operazioni che possono essere eseguite da un apparecchio controllato elettronicamente. E non è solo una questione di rischi per le persone, ma riguarda anche il cambiamento culturale che potrebbero comportare robot più intelligenti. Gli scienziati intervenuti all’evento si sono trovati concordi nel affermare che siamo ancora lontani da eccessi come quelli paventati nei film, tuttavia nel breve periodo macchinari capaci di ragionare e risolvere problemi potrebbero, per esempio, costare parecchi posti di lavoro.
Bisognerà, certo, abituarsi a vivere con macchinari capaci di rispondere alle nostre sollecitazioni in modo pressoché umanoide. Per non parlare poi del fatto che Internet ha fatto passi da gigante e c’è chi prevede che una nuova forma d’intelligenza possa nascere proprio dal Web. Difficile prevedere questa eventualità, anche perché la grande Rete è talmente vasta, variegata e multiforme che potrebbe in qualche modo aggregarsi e trovare una sua forma per ragionare, metabolizzare dati e trarre conclusioni e comportamenti. Senza trascurare poi i pericoli derivanti dall’uso indiscriminato delle potenzialità dell’intelligenza artificiale per scopi criminali; una tipologia di ‘utenti’ sempre pronti a trarre vantaggio dalle tecnologie all’avanguardia per fini a dir poco discutibili.
Ovviamente l’intelligenza artificiale, non implicherebbe solo svantaggi, in effetti porterebbe numerosi e grandiosi vantaggi; aiuterebbe a garantire maggiore sicurezza nella guida, in casa e nella vita di tutti i giorni; ma se prendesse il sopravvento’
Eric Horvitz, sviluppatore di Microsoft e presidente della A.A.A.I., sostiene che sia in atto una “intellgience explosion”, vale a dire, una diffusione esplosiva di macchine e dispositivi dotati di una forma autonoma di ragionamento. Il problema, secondo Horvitz, consiste nel non creare apparecchi troppo intelligenti perché ciò porterebbe alla “fine dell’era umana”; non in senso apocalittico come nel film ‘The Matrix’, ma in un’ottica social-culturale. Insomma che l’intelligenza artificiale diventi più “umana” è possibile, prevedibile e addirittura ipotizzabile, ciò che si deve evitare è l’errore di sottovalutarne il rischio.
«Meglio non aspettare troppo a lungo come è successo con i cibi geneticamente modificati», dice Paul Berg, premio Nobel nel 1980, per sottolineare che un eccesso di complessità del tema possa portare a sottovalutarne tanti aspetti e ad allontanare l’opinione pubblica, poiché diventerebbe troppo complesso trattare l’argomento in modo oggettivo. Horvitz è ancora più deciso quando dichiara che «prima o poi sarà necessario formalizzare un documento o delle indicazioni di massima per dare una soluzione al problema delle macchine troppo intelligenti». Una frase che sintetizza in sé tematiche etiche, tecnologiche, legali e culturali che non potrebbero essere sottovalutate.
La domanda, dunque, sorge spontanea: durante il congresso di Asilomar hanno esagerato’ «L’incontro è stato molto più interessante per le cose non dette e perché ho capito l’importanza del vasto database di dati personali che raccogliamo in forma elettronica» commenta Tom Mitchell, professore alla Carniege Mellon University. Come dire che siamo noi stessi, tramite gli strumenti attuali (dall’e-mail, al social network, ai cellulari, ai
notebook) a creare i presupposti perché fiorisca una intelligenza artificiale modellata sulle nostre abitudini. Horvitz sostiene che tutto ciò non è pericoloso finché l’evoluzione tecnologica porta vantaggio all’umanità.
Fonte: www.ilsole24ore.com