La Simulazione in Matrix
Jean Baudrillard, noto sociologo che insegna all’università di Parigi, sostiene che “(‘) la nostra società crea una struttura sociale con rapporti di finzione e verità autoprodotte”.
Chiamato dai fratelli Whachowski alla fine del primo Matrix, per collaborare a Matrix Reloaded e Matrix Revolutions, rifiuta (come spiega in una intervista al ‘Nouveul Observateur’ datata giugno 2003) in quanto, a suo avviso, “(‘) siamo nella trasparenza integrale. Matrix, è un po’ il film sulla Matrice che avrebbe potuto fabbricare la Matrice”.
La critica che Baudrillard muove a Matrix può essere riassunto con la seguente frase:
“O i personaggi sono nella Matrice, cioè nella digitalizzazione delle cose, o sono radicalmente al di fuori, cioè a Zion, la città di coloro che resistono. In effetti, sarebbe interessante mostrare ciò che accade sul punto di giuntura dei due mondi”.
Proprio a causa di questa netta distinzione tra realtà e digitalizzazione, Baudrillard preferisce restarne al di fuori, affermando che la sua idea di simulazione era molto più sottile e riferita alla vita reale degli uomini.
Il punto di partenza (parafrasando Baudrillard) è la realtà stessa, che viene divisa in piccole “matrici” che vengono poi riprodotte all’infinito. Quando questa riproduzione raggiunge un numero alto si tende a non ricordare più com’è la realtà (quindi la parte iniziale che è stata riprodotta), ma si prende per reale una copia dello stessa.
Se questo procedimento avviene all’infinito (secondo Baudrillard sta già accadendo), si perde del tutto la cognizione del reale e a sua volta ci sarà una nuova ‘simulazione della simulazione’ o per meglio definirla una ‘evoluzione della simulazione’. Quando si arriva ad un livello alto non solo non riusciamo più a percepire la realtà, ma anzi tendiamo ad accettare e difendere la simulazione come realtà, dato che ormai non esiste più un modello reale con il quale è possibile effettuare un confronto.
E’ diventata (è sempre stata) una questione di “dimostrare il vero attraverso l’immaginario”. La realtà è così distante da noi, così poco chiara che l’unico modo che ci è rimasto per avvicinarci ad essa è quello di farlo attraverso la finzione, non usandola come filtro, ma come unico mezzo per giungervi.
Siamo talmente avvezzati nell’usare questo metodo che in certe condizioni la finzione tende a sostituire la realtà, perché ai nostri occhi quest’ultima risulta meno attendibile. E quindi perdiamo il gusto della ‘ricerca del vero’ accontentandoci purtroppo di una comoda dissimulazione.
Baudrillard elenca tre ordini di simulacri che secondo lui si sono succeduti dopo il Rinascimento:
>>> La contraffazione
>>> La produzione
>>> La simulazione
Parlando del primo, il sociologo afferma che la data di nascita del falso (o simulacro) è da imputare al Rinascimento, quando si iniziò copiare da quello che poi venne definito ‘classico’.
In questo periodo si sviluppano il teatro e l’educazione-istruzione, che, secondo il professore, per la prima volta “mira a rimodellare una natura ideale del bambino”.
Del secondo ordine Baudrillard parla in maniera più esplicita; inizia il capitolo con una netta distinzione tra automa e robot definendo il primo come “un uomo di corte e di buona compagnia che partecipa al gioco sociale e teatrale prima della rivoluzione, mentre descrive il robot come successore alla fine del teatro a protagonista della nascita della meccanica umana”.
“Il robot non controlla più le apparenze e la sua sola verità è la sua efficacia meccanica. Non è più volto verso la somiglianza con l’uomo al quale, d’altronde, non si confronta più. Il simulacro di secondo ordine assorbe le apparenze o liquida il reale”.
Con la rivoluzione industriale l’uomo ha completato, secondo Baudrillard, la sua trasformazione in macchina.
“Sono stati liberati da qualsiasi somiglianza e crescono come il sistema produttivo di cui non sono più che l’equivalente miniaturizzato. (‘) Il problema della loro singolarità e della loro origine non si pone più: la tecnica è la loro origine e non hanno senso che nella dimensione del simulacro industriale. Cioè la serie. La stessa possibilità di due o di n oggetti identici. Tra di essi la relazione non è più quella tra un originale e la sua contraffazione, né analogia, né riflesso ma l’equivalenza e l’indifferenza”.
In questo punto come in nessun altro si nota l’influenza che Baudrillard ha avuto sui Wachowski. Una perfetta descrizione di 01, cioè il mondo delle macchine nel film Matrix.
Niente più originalità niente più differenze: ciò che interessa alle macchine è la produzione (nel caso di Matrix produzione = sopravvivenza), e non esiste neanche l’interesse a confrontarsi con l’uomo (che in fondo è il loro padre), in quanto è il risultato di ‘equazioni naturali’ non predeterminate e come tali imperfette.
Possiamo riassumere il terzo ordine con una frase di Baudrillard che, a mio avviso, è più chiara di mille parole:
“‘qui siamo nei simulacri di terzo ordine. Non c’è più contraffazione di un originale, come nel primo ordine, ma neppure serie pura come nel secondo: ci sono modelli dai quali procedono tutte le forme secondo modulazioni di differenze”.
Non si copia più da un qualcosa, ma si parte dalla creazione del tutto fatta in base a modelli, seppur diversi, sempre immutabili.
Niente scelta niente possibilità di andare al di fuori, niente possibilità di essere originali, pezzi unici.
Ma noi che cosa intendiamo in concreto quando parliamo di simulazione’ E’ una netta distinzione tra realtà concreta e realtà virtuale, o come dice Baudrillard, noi viviamo in una “crescente indistinzione tra virtuale e reale'”
Spesso la nostra struttura sociale ci porta a ricoprire ruoli che non si adattano alle nostre caratteristiche sia fisiche, sia intellettive.
Vivendo in una realtà di socializzazione, una realtà di comunità dove ogni uomo è solo una ‘parte di un tutto’, siamo quasi obbligati a rimanere entro gli standard di vita che la società stessa ci impone. Siamo cioè, legati ad una visione del nostro mondo limitata in un qualche modo.
Siamo talmente assuefatti, che ormai non riconosciamo più quale è la realtà e qual è la finzione. O per meglio dire non abbiamo interesse nel farlo. La società ci impone un modo di essere, un modo di fare e un modo di pensare e noi crediamo di poterci spostare da una parte all’altra della barricata con la libertà più assoluta.
Il fatto è che abbiamo tutta la libertà che vogliamo di passare dal giusto allo sbagliato, ma queste sono due condizioni che ci sono state imposte. Giusto o sbagliato. Bianco o nero. Noi decidiamo se andare avanti, noi decidiamo se andare indietro a destra o a sinistra. Noi abbiamo la scelta. Ma come dice il Merovingio, la scelta è solo una illusione.
Infatti siamo sì liberi di scegliere, ma possiamo scegliere tra un una certa quantità di cose che la società ci propone. Niente di più! Non possiamo ordinare ciò che non c’è nel menu.
E’ come se ci portassero in un negozio e ci dicessero: ‘ok ora scegli quello che vuoi’. Certo noi possiamo scegliere quello che vogliamo tranne una piccola cosa: il negozio!
Non esiste la scelta esiste solo una selezione attraverso una data gamma.
Questo è solo un piccolissimo compendio del pensiero di Jean Baudrillard. Alcuni credono di essere liberi e altri no, alcuni sono persuasi di vivere nella realtà o certi che si è nel falso. Baudrillard non dà certezze, il suo è solo un concetto, una teoria.
Ma il fatto che molti di noi si trovino qui, dimostra che il professore non si è allontanato poi tanto dalla verità.