Cervello e libero arbitrio: questione di secondi’
La dimostrazione di come questo accada è stata studiata da Davide Rigoni e colleghi dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Gent, in pubblicazione sulla rivista della Association for Psychological Science.
Il libero arbitrio esiste davvero’ Ciascuno di noi forse ha provato personalmente che si ha una maggiore forza e consapevolezza di sé quando si pensa di poter scegliere e agire secondo il nostro volere. È dimostrato che, prima di attivare un movimento volontario, il cervello genera una corrente elettrica (potenziale di disponibilità) suddivisa in una parte di preparazione al movimento, che anticipa di due secondi la seconda parte, detta di esecuzione.
Insieme a Marcel Brass e Simone Kuhn della University of Gent e Giuseppe Sartori dell’Università di Padova, Davide Rigoni ha ipotizzato che l’inibizione del libero arbitrio sarebbe riuscita a modificare il corso di quei due secondi.
I partecipanti all’esperimento sono stati divisi in due gruppi, a cui rispettivamente è stato chiesto di leggere un testo di argomento generale o un passo del libro The Astonishing Hypothesis di Francis Crick, con possibili effetti negativi sul concetto di libera scelta.
Al termine delle letture, un test di misurazione del determinismo ha valutato la percezione del libero arbitrio da parte di tutti i soggetti. Successivamente, mentre l’attività cerebrale veniva registrata con l’elettroencefalogramma (EEG), i gruppi hanno svolto una variante dell’esercizio dell’orologio di Libet: osservare un cursore libero di muoversi all’interno di un quadrante, dichiarare quando si vuole fermare il cursore nella posizione scelta arbitrariamente e cliccare il pulsante di stop.
L’EEG ha dimostrato che nei soggetti che dichiarano di non credere nel libero arbitrio il segnale del cervello nella preparazione del movimento risulta più debole, la sua durata si accorcia come se l’azione si riducesse a un gesto svolto sotto un comando esterno. Questo effetto è evidente più di un secondo prima che i partecipanti prendano coscienza di voler agire sul cursore, dimostrando che l’esercizio influenza la parte inconscia della pianificazione di un movimento.
Questo studio aggiunge un tassello nello studio del comportamento umano nel suo lato irresponsabile e antisociale, dove in effetti ogni azione sembra più veloce e slegata al senso di appartenenza alla società di quando ci si mette la testa.
Concludo lasciando ai lettori una riflessione che forse può suonare bizzarra. E’ per questo che l’Amleto di Shakespeare dura così tanto’ Autore e personaggio erano consapevoli della loro libertà di scelta’ Forse questo era davvero il problema…
Di Alessandra Gilardini biologa, PhD in Neuroscienze.
Fonte: http://brainfactor.it/