Extended Loop
Uno degli elementi caratterizzanti l’intera saga di Matrix è rappresentato dal cosiddetto Effetto Loop, ovvero un insieme di situazioni, concettuali o visive, che si ripetono ciclicamente all’interno della storia.
Si tratta di un espediente narrativo utilizzato dalle Wachowski per evidenziare in maniera raffinata la circolarità degli avvenimenti della Matrice e che abbiamo avuto modo di apprezzare nell’intera trilogia
(clicca qui per leggere l’articolo sull’Effetto Loop).
E’ interessante notare però come tale meccanismo sia stato utilizzato da Lana Wachowski anche in Matrix Resurrections.
Possiamo parlare anzi di Extended Loop in quanto estensione del loro utilizzo anche all’ultimo capitolo della saga.
Ma se nei primi tre capitoli della trilogia i loop servivano ad affermare il concetto di ciclicità della storia che veniva ripercorsa attraverso la proposizione delle medesime situazioni e che amplificavano il concetto di immutabilità del percorso di evoluzione dell’eletto fino al corretto reinserimento del codice di cui era portatore, con Matrix Resurrections il concetto di loop viene in qualche modo ribaltato.
Esso infatti serve a stabilire un nuovo snodo della storia, un punto nodale cioè in cui la storia circolare della matrice viene in qualche modo deviata per far posto a nuove diramazioni che andranno a influenzare gli eventi futuri.
In altre parole quindi, i loop precedenti erano strumenti rafforzativi che servivano a puntellare il percorso dell’eletto creato appositamente dall’Architetto.
I loop attuali invece sono strumenti disgregativi atti a scardinare la finzione creata appositamente dall’Analista.
Il primo Extended Loop che vediamo in Resurrections è sicuramente quello che riguarda Bugs e la sua liberazione.
La situazione loop che la vede protagonista infatti è quella relativa ai lavavetri che abbiamo visto nel primo Matrix durante il colloquio tra Thomas Anderson e il suo capo, Mr Rhineheart della Metacortex
Si può notare come la situazione sia identica in entrambi i casi, la storia cioè si ripete sia a livello concettuale che a livello visivo.
In Matrix però, i lavavetri possono vedere chiaramente all’interno della stanza e ciò che vedono è Neo che si sottomette ancora una volta al sistema. Ciò naturalmente non provoca alcuna reazione da parte dei lavavetri. La storia quindi procede come era stata programmata.
Bugs invece non vede chiaramente all’interno, anzi è attratta da una figura in alto. Una figura che sta per ribellarsi al sistema tramite un tentato suicidio e che proprio per questo, nel momento del salto, rivela il suo vero volto, ossia la RSI reale di Neo, che prima era camuffata con una DSI che ne nascondeva le fattezze per renderlo irriconoscibile.
In quel momento avviene la distorsione della storia e Bugs si rende conto dell’esistenza della Matrice.
Stesso avvenimento. Stesse immagini. Risultato diverso.
È questo infatti l’extended loop ideato da Lana Wachowski per Matrix Resurrections, che va a ribaltare ancora una volta i concetti formulati nella trilogia originale, rimanendo però sempre nell’alveo teorico espresso dalla saga.
Altro Loop presente nel film è quello che riguarda Neo e la sua postazione di lavoro.
Nella sua prima vita virtuale Thomas Anderson è Neo, un famoso hacker che lavora ogni notte davanti alla sua postazione multimediale. In attesa di qualcosa o qualcuno che lo conduca a intraprendere il percorso che era stato disegnato per lui.
Nella sua seconda vita virtuale Thomas Anderson è Thomas Anderson, un famoso game designer che lavora ogni giorno davanti alla sua postazione multimediale. In attesa di qualcosa o qualcuno che invece lo liberi dal percorso piatto e consuetudinario che era stato disegnato per lui e che lo avvolge ogni giorno.
Anche in questo caso quindi il Loop evidenzia la circolarità della storia, ma allo stesso tempo segna anche il suo confine e ne destruttura la continuità.
Come non pensare poi alla stessa identità scena che riprende la mossa utilizzata da Smith nel combattimento con Neo nel primo film e riproposta dal nuovo Smith in Resurrections. Una gragnuola di colpi al petto veloci e potenti che mettono a dura prova la resistenza di Neo
Nel primo caso si trattava di un combattimento destinato a sbloccare una parte delle abilità di Neo e che lo avrebbe condotto non solo a sconfiggere un agente, ma ad unirsi in maniera indelebile con il suo acerrimo nemico.
Una unione destinata a caratterizzare l’intera trilogia e che è stata finalmente spezzata con l’ultimo combattimento tra i due principali antagonisti, proprio dopo la gragnuola di colpi sferrati da Smith a Neo.
Un loop quindi che disgrega non solamente la circolarità storica tipica della trilogia, ma il legame stesso che per molto tempo aveva unito Neo a Smith. Un loop che va ad infrangere il concetto di dualismo antagonista che aveva fatto da fondamenta all’intera saga e ricostruisce il concetto di dualità, non più come attrazione degli opposti ma come legame dei simili (Neo e Trinity).
Lana Wachowski insomma ha voluto utilizzare uno dei suoi meccanismi narrativi preferiti anche in questo film che segna forse l’epilogo della saga che amiamo.