Il confine tra reale e virtuale.
Che cosa distingue la realtà dalla realtà virtuale’ La risposta non è semplice. Il cosiddetto cyberspazio (termine coniato dallo scrittore americano William Gibson negli anni Ottanta) ha affascinato e continua ad affascinare le menti di internauti, filosofi, scrittori e non solo.
L’ultimo prodotto figlio di questa ossessione collettiva è il kolossal Avatar. La parola avatar, ormai entrata nella lingua comune, è usata nel gergo di Internet per indicare un personaggio virtuale che rappresenta una persona reale. In origine, è un termine sanscrito che significa incarnazione, ossia personificazione di una entità in un corpo estraneo. E proprio di questo parla la trama del film di James Cameron, che tra le altre cose permette a un marine in carrozzina di riguadagnare l’uso delle gambe tramite il suo avatar. La realtà virtuale dà, quindi, la possibilità di vivere una vita diversa ‘ come se fosse reale ‘ con il rischio di perdersi, come fa presente Bodegones:
Si racconta che quando Stanislavskij portò in scena Le tre sorelle, fin dalle prime prove gli attori piangessero e che anche il pubblico ne avvertisse tutta l’angoscia. Il grandissimo Cechov mostrava le ombre del vivere, l’assurdo del mondo e le ridicole illusioni che ci allontanano dalla realtà.
Per una curiosa ironia, il film Avatar creando una gigantesca illusione, grazie anche della tecnologia 3D, esercita su alcuni lo stesso messaggio teatrale sul nostro vivere male. E’ il ritorno agli angoli bui della nostra esistenza da un mondo bellissimo che può esistere solo nell’immaginazione a illuminare le infinite ragioni della nostra infelicità.
Il passaggio doloroso tra identità virtuale e identità reale era stato raffigurato anche dai fratelli Wachowski nel film Matrix, che ha dato origine a numerose riflessioni, anche filosofiche ‘ come ricorda Zret Blog:
Il film ‘Matrix’, per la regia dei fratelli Wachowski, (1999), è stato oggetto di numerose interpretazioni confluite anche in una raccolta di saggi Pillole rosse. Matrix e la filosofia, 2006.
‘Matrix’, oltre a fornire interessanti spunti di riflessione su temi ontologici (che cos’è la realtà’), lascia filtrare qualche rivelazione affidata a particolari all’apparenza insignificanti e ad alcune battute dei personaggi, più che all’intreccio nel suo complesso.
Anche senza addentrarsi in complesse elucubrazioni filosofiche, sono tanti i blogger che affrontano il tema delle identità e dei mondi virtuali. Di seguito, una panoramica per stuzzicare i lettori a vedere con i propri occhi quant’è profonda la tana del bianconiglio ‘ come dice Morpheus a Neo sempre nel film Matrix, prendendo a prestito la metafora dal romanzo visionario di Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie.
Parlando di realtà virtuale, non si può non pensare a Second Life, su cui è possibile crearsi un avatar e una ‘seconda vita’ virtuale. Questa piattaforma ha riscosso moltissimo successo, tant’è che lo scrittore Claudio Forti ci ha addirittura ambientato un romanzo, come racconta Ninja Marketing:
Quale rapporto intercorre tra Creatore e Creatura’ Tra User e il proprio Avatar’ Quale il transfer’L’argomento è stato analizzato durante l’incontro, presso la libreria Ubik Napoli, con lo scrittore Claudio Forti, autore del romanzo ambientato in Second Life, protagonista del terzo appuntamento con Sentieri Digitali, la rassegna di cultura digitale, iniziativa di start-up del primo Osservatorio regionale sulle Culture Digitali progettoCampania2.0.
Partendo dalla storia del romanzo edito da Di Renzo, si è esplorato il mondo virtuale della piattaforma di Second Life con la premessa: il virtuale è un derivato dal reale, non esiste virtuale che l’essere umano non voglia.
Tuttavia, non a tutti piace la simulazione di realtà proposta da Second Life. Il Pozzo di Cabal, ad esempio, scrive:
Non sono mai riuscito a lasciarmi prendere da Second Life. Neanche quando andava di moda, un paio d’anni fa. Credo che sia per una certa indifferenza personale nei confronti dell’idea di un avatar fisico, un’immagine alternativa, una seconda vita fatta di surrogati di case, negozi, strade, isole.
Per molti, l’identità virtuale è qualcosa da sfruttare al meglio sui social network, dove non c’è bisogno di creare elaborati avatar e vivere situazioni di realtà simulata. L’importante è socializzare, comportamento reso più facile proprio dall’identità virtuale, appositamente studiata e opportunamente riveduta e corretta rispetto all’identità reale dell’utente.
E’ eclatante il caso Facebook, in cui reale e virtuale spesso si mischiano e si confondono, come riporta Oltre il SEO:
Facebook si sta rivelando utile se osservato dal punto di vista di chi guardava il mondo del web con occhio malizioso (viene in mente il tipico pregiudizio che vedeva tutti i blogger brufolosi, pallidi e carichi di visioni di siti porno). Il presente sta cambiando, con questo anche il futuro e la prospettiva dello stesso. Non è certo difficile incontrare coppie, semplici amici, parenti ecc. che si sono conosciuti in un qualche social network.
Delle volte, una richiesta di amicizia in Facebook ha favorito matrimoni. Delle volte, una richiesta di amicizia ha favorito rotture di matrimoni.
Allora sorge un dubbio su quale sia la linea che, oggi, divide il virtuale dal reale e viceversa.
Le possibilità pressoché infinite del cyberspazio sono viste come un fattore estremamente positivo da alcuni blogger, come ad esempio Alfonso Fuggetta:
Molto spesso si parla della rete come di una realtà ‘virtuale’, che spersonalizza e isola. Si parla delle cliniche per disintossicare gli ‘internet addicted’. Ma veramente la realtà ‘virtuale’ è sempre e solo meno reale di quella concreta’
Quante volte leggiamo di persone sole, che nel mondo reale non interagiscono con alcuno. Oppure quei rapporti spersonalizzati e vuoti che tante volte si vivono nel mondo del lavoro. Certamente, anche su Internet è possibile nascondersi, vivere rapporti spersonalizzati o artificiosi.
Ma perché non si guarda mai al lato straordinariamente positivo di Internet’
Con Gigi riflettevamo sul fatto che io e lui ci siamo incontrati relativamente poche volte: 10-15, non di più. Eppure ci conosciamo abbastanza bene. Sappiamo come la pensa ciascuno di noi su molti temi. Sappiamo cosa ciascuno di noi sta facendo. Spesso sappiamo qual è l’umore dell’altro. Come è possibile’ Grazie ai nostri blog, a Twitter, a Skype, a tutto ciò che ci offre Internet.
Tuttavia, sono in molti a mettere in guardia da questa socializzazione quasi esclusivamente virtuale; Odio Facebook riferisce di un convegno tenutosi a Fano proprio sulla questione:
Il convegno ‘Facebook ti aiuta a mantenere e condividere i contatti con le persone della tua vita (vera o virtuale)” si è svolto giovedì 19 marzo, nell’oratorio di San Cristoforo a Fano. ‘Non è casuale ‘ ha spiegato alla nutrita e giovanissima platea intervenuta, l’assessore ‘ la scelta del luogo: ritrovandoci qui con i giovani di Fano, abbiamo voluto sottolineare l’importanza degli spazi di aggregazione ‘reali’ nei confronti di quelli ‘virtuali’ che ci vengono offerti dalla rete e, in particolar modo, da quelli dei social network di cui Facebook fa parte. La causa principale per la quale ho voluto questo dibattito è di mettere a confronto le opinioni: genitori e figli, amici reali e amici virtuali, specialisti e semplici curiosi. Mi pare però che la conclusione sia una soltanto: i più giovani, che in questo caso sono anche i più deboli, devono imparare a non confondere mai Facebook con la vita vera, quella fuori dalla rete. Credo che i social network siano un pericolo solo se li si usa in modo da riempire i vuoti della vita reale, ma se sono parte integrante in modo sano della vita reale rappresentano solo un nuovo strumento di comunicazione e aggregazione a livello globale’.
Le critiche a questa tendenza ‘ talvolta morbosa ‘ a rifugiarsi nel mondo virtuale abbondano, come si legge per esempio su Notizie da Gatteo e Dintorni a proposito di un ciclo di incontri per analizzare il tema:
La vita e il mondo ci mostrano spesso la loro faccia più dura. Risulta spesso difficile capire e accettare la realtà che ci circonda. Viene perciò naturale rifugiarsi nell’ideale. Come diceva Robert Kennedy: ‘Molti vedono le cose della vita e si domandano per¬ché; io sogno di cose mai esistite e mi domando perché no’. L’ideale è una spinta al cambiamento, a cui si sono da sempre rivolti scrittori, poeti, intellettuali, politici, condottieri, religiosi. . . Tuttavia oggi il virtuale sembra essere l’opzione preferita per chi cerca una via di fuga dalla realtà ostile ed opprimente. Ma al contrario dell’ideale, il vir¬tuale non offre un modello alternativo, non porta a cambiare l’esistente; il vir¬tuale è in buona sostanza una scorciatoia ed una deformazione della realtà. Il virtuale è la rete internet, i video games, la computer grafica, i videofo¬nini’ tutto ciò che induce a preferire una ‘second life’ rispetto alla propria vita, con tutte le ansie e le preoccupazioni che essa si porta dietro. Il virtuale piace perché genera euforia ma anche stordimento. Ed è questa la sua di¬mensione più pericolosa.
C’è anche chi sdrammatizza, facendo presente che i rischi che si corrono online sono esattamente gli stessi che si potrebbero incontrare in situazioni reali, come ad esempio il Gruppo FUCI di Lodi:
Ognuna di queste persone ha degli amici con cui condivide le proprie foto, a cui scrive per sentire come stanno, che invita a eventi e con cui si tiene in contatto tramite internet; il tutto con una facilità che dice molto della tecnologia che abbiamo oggi a disposizione, e gratis ‘ perché il sito si autosostiene grazie alla modesta e discreta pubblicità che è proposta agli utenti.
Qualche lato negativo’ Solo quelli che la vita reale già presenta: il rischio di relazioni vuote, asettiche; il rischio di sprecare il proprio tempo, magari compilando l’ultimo quiz su quale attore di Hollywood saresti’; il rischio dell’esibizionismo e del voyeurismo digitali, tra la facilità di indossare la maschera che più ci aggrada e quella di passare il tempo a studiare i fatti degli altri; il rischio del furto d’identità, da parte di buontemponi che si spacciano per star e calciatori, ma anche di malintenzionati che si offrono di diventare tuoi amici per poter accedere ai tuoi dati; e infine il rischio di mettere online fin troppe informazioni: cose che si confiderebbero solo a una cerchia ristretta, ma che per leggerezza si pubblica per molti, a volte troppi.
Tutti pericoli che occorre prendere in considerazione, non tanto per moraleggiare su Facebook e internet dal di fuori, ma per mettere a fuoco e rispondere a questioni che interrogano la vita concretamente quotidiana, il nostro stile e le nostre scelte: sulla profondità delle nostre relazioni, sul valore del tempo, sul senso delle cose che si fanno, sulla propria sobrietà e umiltà, sulla propria intimità e sulle persone con cui la si vuole condividere.
Il dubbio è che non ci sia nessuna ossessione collettiva ma semplicemente una demonizzazione di un fenomeno inarrestabile e parte del progresso della società. E’ di questa opinione A briglie sciolte, che scrive:
Mi piace quello che leggo su Fb, alla pagina di Silvia Zanotto, ‘Abitiamo un ecosistema che non fa salti tra reale e virtuale’. Se non capiamo questo, non capiamo la vita che si trasforma, muta, genera sé da sé; non capiamo i nuovi giovani e non facciamo nulla per guarire la scuola anziché cercare di guarire gli studenti; non ci rendiamo conto che non siamo più nella separazione, se soltanto accettiamo di non crearla noi stessi ad ogni istante. Che dire di articoli un po’ ammuffiti che screditano il valore dell’amicizia virtuale, mostrando di non averne fatto esperienza’ E’ un po’ come quando le bisnonne non capivano cosa fosse una lavapiatti e pensavano che mai e poi mai avrebbe potuto lavare bene come quando si lavano i piatti a mano.
La rivoluzione di Internet e delle comunità virtuali è forse ancora troppo recente per poter essere giudicata. Non rimane che continuare a seguire queste rotte di navigazione digitali e vedere dove ci porteranno.
Fonte: http://www.liquida.it di Giulia Zanchi