Love Kills
Si passò una mano sulla fronte per spostare i lunghi capelli neri completamente bagnati, di fronte a lei un enorme specchio presentava chiari segni di un conflitto a fuoco, l’immagine distorta che rifletteva però era tremendamente chiara.
Seduto contro il bancone, giaceva il corpo di un ragazzo, la mano sinistra ferma all’altezza del cuore, la destra ancora stringeva spasmodicamente una pistola automatica.
Un’espressione di sorpresa era dipinta sul volto oramai senza vita del giovane, quel volto, quel volto che le appariva familiare… il volto di Victor!
Ricordi, giorni più felici, gli ultimi realmente tali.
Era una bellissima giornata di sole, il cortile esterno della High School era affollato da studenti di varie età, il cui vociare allegro riempiva l’aria di suoni un tempo familiari.
La porta dell’atrio dell’istituto si spalancò di colpo, Helen e un paio di sue amiche ne uscirono dirigendosi verso il cancello principale.
– Allora ci vai alla festa sabato sera’
– Certo che ci vado, e chi se la perde… sai che adoro ballare – disse sorridendo Helen
– Oh ma certo… e fammi indovinare, immagino che ci andrai assieme a Ronnie – aggiunse maliziosamente l’amica ‘ tutte sanno che non sa ballare, quindi non raccontarci balle e dì piuttosto che muori dalla voglia di uscire con il più bel figo di tutto il liceo. _Ti porterà con la sua moto” Wow quanto vorrei che passasse a prendere me domani sera! Quelle stronzette delle cheerleaders diventerebbero viola dall’invidia vedendomi arrivare con lui.
– Ragazze, andiamo! In fondo Ronnie è un ragazzo come tanti altri.
– Cooosaaaaa!!!! Ma sei fuori” Ma se tutte le ragazze della “Clear View High School” gli sbavano dietro! Un fisico perfetto… e poi quei suoi occhi blu. O mio Dio, se ci penso svengo ‘ Disse con un tono leggermente isterico l’altra amica.
– Helen, tu dici così perché non ti rendi conto di cosa hai tra le mani! Capitasse a me una simile fortuna… certo non sono bella quanto te, ma posso dire di cavarmela. Poi pensaci, magari domani sera dopo qualche oretta ti porterà in un luogo appartato. Al buio, lontano da sguardi indiscreti… e poi…
L’amica fece un gesto con la mano chiaramente inconfondibile, e tutte e tre si ritrovarono a ridere.
Stavano per uscire sulla strada principale, quando Helen urto involontariamente con la spalla un ragazzo.
– Opsss!!! Scusa non ti avevo visto ‘ disse voltandosi verso il ragazzo
– Ehi ciao Victor come stai, è un po’ di sere che non ti vedo in giro. Tu ci andrai alla festa domani’ Ci saranno tutti, non puoi mancare! – aggiunse sorridendo
Victor non appena accortosi che era Helen ad averlo urtato, sbiancò di colpo, si ritrasse, appoggiandosi alla colonna del cancello.
Cercò di fare uscire le parole, avrebbe voluto dirle che se ci fosse stata pure lei alla festa senza dubbio sarebbe stata una bellissima festa, avrebbe voluto dirle che ogni volta che la vedeva aveva un tuffo al cuore, che quando lei era presente tutto il resto del mondo spariva, niente aveva più importanza, che l’amava alla follia…
Ma come sempre tutto quello che riuscì ad uscire dalle sue labbra fu:
– Non so… il computer… devo stare al computer domani sera, devo cercare informazioni, devo cercare…
– Ma lascialo perdere, Helen. Lascia perdere quel secchione – disse una delle due amiche strattonando Helen alla maglia ‘ non vedi che è come se vivesse in un’altra realtà’
– Ha ragione, Helen. Lascia perdere, ora andiamo o perdiamo l’autobus ‘ disse l’altra amica dirigendosi fuori dal cancello
Helen, spinta a forza dalle amiche, guardò Victor con aria dispiaciuta, gli accennò un saluto con la mano mentre veniva spinta fuori dalla scuola.
Victor, con lo sguardo perso nel volto di Helen che si allontanava, ricominciò a respirare, lasciò andare giù le spalle come se avesse effettuato una spossante lotta contro chissà quale forza invisibile.
Lo sguardo di Victor si fece d’un tratto più serio, più deciso
I pugni stretti di Victor si aprirono permettendo nuovamente al sangue nelle sue mani di circolare liberamente, raccolse lo zaino che gli era caduto e si diresse verso casa.
La sera seguente Helen andò alla festa, il rombo della moto di Ronnie si fece sentire fuori di casa sua verso le 23,00. Arrivarono alla festa sotto lo sguardo invidioso di tutte le altre ragazze.
All’interno del locale il rito delle compagnie si ripeteva identico come a tutti gli altri sabati, come un enorme ciclo che iniziava all’ingresso tra i rudi sguardi dei buttafuori, continuava con i saluti e le false effusioni di effimere amicizie, concludendosi poi al bancone del bar dove l’odore di rum pervadeva l’aria.
Helen voleva ballare, le piaceva ballare, ma Ronnie non ne voleva sapere, lui era lì per far vedere a tutti la sua bellissima preda, per mostrarsi agli altri, per assumere quei ridicoli atteggiamenti che Helen in fondo odiava.
Si era guardata attorno, c’erano proprio tutti. Solo Victor mancava, preso da chissà quale ricerca davanti al suo computer. E anche stavolta non si sarebbe fatto avanti.
Era come se un guscio di timidezza lo racchiudesse, lo isolasse dalla realtà, dalle cose importanti, dalle cose vere.
– Helen, ciao bellissima! Sei splendida ‘ disse la sua amica ‘ Ma lui, lui è più splendido di te – indicò con il dito Ronnie mentre si atteggiava con gli amici.
– Ciao, mi stò annoiando. Ronnie non fa altro che pavoneggiarsi, mentre io vorrei ballare, parlare, conoscere qualcuno. Sì, insomma divertirmi un po’.
– Sei incontentabile. Esci con il più bel ragazzo della scuola e pensi a ballare e fare conoscenze. Io farei ben altro al posto tuo. Eccolo che arriva! Ci ha visto ‘ disse guardando oltre Helen in direzione di Ronnie, che non aveva mai perso di vista dall’inizio del dialogo.
Ronnie camminò verso le due ragazze come se stesse partecipando ad una sfilata, sapeva di essere desiderato dalle donne, e dava alle sue spettatrici desiderose quello che volevano vedere, il cacciatore che conquistava la sua preda, che raccoglieva il suo trofeo.
Passò in mezzo alle due ragazze, prese la mano di Helen trascinandola via, mentre contemporaneamente ammiccava con fare arrogante verso l’amica.
Helen subì l’intera scena, era abituata a sentirsi gli occhi di tutti i ragazzi addosso, ma ora che anche tutte le ragazze la guardavano con invidia, una nuova sensazione sorse in lei, una sensazione in qualche modo piacevole che trasportava lei e la sua anima in un viaggio di sola andata all’interno di una realtà falsa ed effimera, che non l’avrebbe più lasciata andare.
Ronnie la portò in un luogo appartato, lontano da sguardi indiscreti, tutto era perfetto, tutto stava andando come doveva andare.
Per un certo periodo fu felice, era la ragazza di Ronnie, era bellissima, e in fondo quell’ambiente non era poi così male, anche Ronnie non era male.
Sì, la trattava come se fosse un trofeo da mostrare agli amici, ma in fondo dietro tutti i suoi atteggiamenti da playboy doveva amarla, del resto le aveva trovato un posto di lavoro nella discoteca più in della City, un posto da ballerina, e a lei piaceva tanto ballare, e anche quando Ronnie si allontanava con le altre ragazze, in fondo non avrebbe potuto tradirla, diceva che la amava. Sembrava sincero!
Sembrava…
Appariva…
Brutti pensieri…
Cattivi pensieri, niente che un buon bicchiere di rum non potesse scacciare, solo un altro ancora, e poi via a ballare sul banco del bar, sotto lo sguardo di mille ragazzi che adoravano il suo corpo. E a lei piaceva ballare.
L’impianto antincendio smise di gettare acqua, la pioggia artificiale cessò, alcune grida si sentivano provenire da punti indefiniti della discoteca, se solo quelle dannate luci stroboscopiche la smettessero di infastidirla, forse la sua mente si schiarirebbe. A che diavolo stava pensando”’
Cercò di rialzarsi appoggiandosi allo specchio rotto, il suo vestito gocciolava di acqua, e un rivolo di sangue scese lungo l’immagine riflessa del suo corpo. Si era tagliata la fronte.
Indietreggiò dallo specchio per valutare la gravità della ferita.
Era solo un graffio, ma dietro di lei appoggiato per terra contro il banco, l’immagine di Victor esanime apparse come da un incubo.
Victor… non aveva più avuto notizie di lui, nessuno lo aveva più visto dalla sera della festa, era scomparso, le voci nel quartiere dicevano che aveva fatto strane conoscenze via internet, probabilmente criminali, e si era spinto troppo oltre.
Alcuni dicevano di aver saputo che la polizia qualche giorno dopo, in una zona isolata del quartiere, aveva scoperto dei criminali vestiti in pelle che trafficavano all’interno di un magazzino.
Si misero ad inseguirli, e durante l’inseguimento uno dei poliziotti riconobbe il corpo apparentemente morto di Victor, trasportato a forza da questi malviventi.
Giunti nei presi del grande fiume i malviventi si liberarono del corpo, che però non venne mai ritrovato.
Non tutte le voci però erano attendibili, alcuni dicevano trattarsi solo di leggende metropolitane, e che Victor era semplicemente scappato di casa e si era ridotto a fare il barbone a Downtown o nel distretto Internazionale.
Fatto sta che da quel giorno nessuno più vide Victor nel quartiere.
Le voci dovevano essere quindi false, perché Victor era lì seduto contro il bancone del bar, non era sparito per sempre in fondo al fiume ucciso da dei criminali.
Ucciso…
Morto…
Lo shock giunse al cervello di Helen con la forza di un enorme chiodo che le trafiggeva il cranio da sotto la base del collo.
Immagini, immagini recenti incominciarono ad affiorare.
Era sabato sera, e come tutti i sabati si era recata al suo lavoro di ballerina nella discoteca più in del quartiere.
Era entrata dalla porta sul retro, il buttafuori non appena l’aveva intravista arrivare le aveva aperto la porta, lo sguardo impassibile.
Aveva salutato alcuni amici del personale, camerieri, dj, barman, e prima di recarsi al camerino, si era diretta verso il bar principale per farsi il suo solito goccetto di rum di inizio serata, che l’avrebbe aiutata ad allontanare la monotonia. Giusto quel tanto prima che iniziasse la musica, dopo di che avrebbe incominciato a ballare, e tutto sarebbe andato liscio, come tutti i sabati da ormai 6 anni a questa parte.
Quella sera però c’era un insolito movimento, subito dietro al banco del bar. Seduti attorno ad un tavolo, il padrone del locale circondato da cinque enormi buttafuori stavano conversando animatamente con due uomini ed una donna.
I tre erano interamente vestiti di pelle nera, e portavano occhiali scuri.
Al centro era seduta la donna, era lei che stava parlando con il padrone del locale.
Gli altri due uomini seguivano l’evolversi della discussione con aria impassibile.
Sembravano tutti e tre usciti da uno di quei film sui vampiri che andavano tanto di moda in quei giorni.
Il più giovane aveva un’aria decisamente familiare, era certa di conoscerlo, se solo si fosse tolto quei dannati occhiali, di certo lo avrebbe riconosciuto.
Il fatto che il padrone del locale urlasse e discutesse non era una novità.
Lavorava in quel posto da abbastanza tempo da sapere che l’attività di discoteca era solo una copertura per traffici molto più loschi che si svolgevano all’interno del locale.
Circolavano voci che il titolare fosse un criminale, un trafficante di informazioni, e che se si voleva avere notizie riguardanti persone famose o influenti, bisognava rivolgersi a lui, e naturalmente c’era un prezzo da pagare.
Si diceva che fosse spietato, peggio, che fosse un assassino, e che molte sue discussioni, terminassero con la morte dei suoi interlocutori.
Ma che fossero voci vere o no, ad Helen questo non importava. Era un lavoro come un altro, che gli permetteva di sopravvivere, divertendosi. Ballando.
Se solo quel ragazzo si fosse tolto gli occhiali.
Il livello della discussione continuava a peggiorare con il passare del tempo, il proprietario si era alzato in piedi e urlava a squarciagola contro la donna che sembrava essere il capo del trio in pelle nera.
I buttafuori si stavano stringendo attorno a loro, e questo significava che presto sarebbe accaduto qualcosa. Come macchine infallibili erano pronti a bloccare qualsiasi movimento dei tre interlocutori.
Il proprietario estrasse da dietro la cintura di rettile una pistola e la puntò contro la donna, mentre i buttafuori si avventarono sui rimanenti due.
Tutto stava per finire. O almeno così credeva Helen.
I tre si mossero con una velocità sorprendente, gli occhi di Helen facevano fatica a seguirne i movimenti.
Con dei colpi rapidi e precisi di arti marziali, la donna disarmò il proprietario del locale, ma un colpo partì ugualmente dalla pistola colpendo il soffitto del locale, l’impianto antincendio si accese all’istante, e i mentre i buttafuori interponevano la forza bruta in opposizione all’agilità dei loro avversari, il segnale automatico generato dall’impianto antincendio veniva lanciato verso i più vicini centri delle forze pubbliche della City. In meno di 10 minuti sarebbero piombati all’interno del locale i soccorsi, decine tra pompieri e poliziotti .
La lotta era terribile a vedersi. I tre stavano sottomettendo l’intero gruppo di buttafuori. Il titolare del locale fece un cenno verso quella che doveva essere una telecamera nascosta.
Immediatamente cinque uomini si precipitarono fuori dagli uffici sul retro del locale , armati con fucili automatici a ripetizione.
Uno di questi si avvicinò al padrone del locale, coprendo la sua ritirata verso una macchina che l’attendeva all’esterno sempre pronta per i casi d’emergenza.
Nel frattempo gli altri quattro incuranti del personale e dei buttafuori si misero a sparare all’impazzata contro il trio vestito in pelle.
Tutto sembrava andare al rallentatore, un dj venne colpito alla fronte e cadde dalla sua postazione della consolle, mentre i barman correvano in direzione delle uscite di sicurezza.
Il capo del trio, sfidando la pioggia di proiettili, si lanciò con una acrobazia sferrando un calcio al collo di uno dei quattro assalitori armati.
Il ragazzo dall’aspetto familiare, rotolandosi a terra, andò a raccogliere la pistola che aveva perso il titolare del locale, mentre il suo compagno rovesciava il tavolo per utilizzarlo a mò di scudo tra loro e il muro di fuoco.
Partirono due colpi dalla pistola automatica. Entrambi andarono a segno colpendo in pieno volto un assalitore, che crollò stramazzando al suolo. Il giovane fece cenno al suo compagno di spostarsi con il tavolino fino dietro al bar per avere una maggior protezione, mentre la donna che si trovava al centro delle guardie armate approffittò del momento per artigliarne il collo di una per poi con una mossa repentina spezzarglielo.
Erano rimaste solo due guardie, di cui una armata e l’altra a terra che si stava riprendendo dal calcio al collo.
Il giovane armato inizio a sparare da dietro al bar in direzione della guardia armata, dando in questo modo la copertura e il tempo necessario affinché il suo capo neutralizzasse quella a terra.
La guardia superstite, sentendosi in trappola contro lo strapotere dei tre, decise di vendere cara la pelle, rintanandosi in un angolo pronto a sparare a tutto quello che gli si fosse presentato davanti .
– Vic, dobbiamo distrarlo. Kore è fuori portata e senza copertura. Creerò un diversivo. Salterò fuori dal banco in direzione della pista. Questo lo farà uscire allo scoperto per un attimo, e tu gli piazzerai un colpo preciso mentre è occupato a spararmi. Non abbiamo molto tempo, la polizia sarà già all’esterno del locale. Dobbiamo fare in fretta. Se non sei uno di noi sei uno di loro ‘ disse Rosewood togliendo gli occhiali di dosso a Victor.
– Ok Wood, non sbaglierò. Tu dammi solo il via.
Rosewood si sporse da dietro il bancone analizzando la via più sicura verso la pista.
– Ok, stai pronto al mio tre! ‘ disse e iniziò a contare con le dita della mano, chiudendone una alla volta.
Si lancio tra i tavoli urlando e facendo più rumore possibile, l’assalitore abboccò all’esca, usci dalla sua tana iniziando a sparare all’impazzata, ma contemporaneamente Vic si sporse sopra il banco, prese la mira e piegò il collo da un lato con un gesto deciso. Lo scricchiolio delle ossa del collo fu seguito dall’esplosione dello sparo.
Il colpo raggiunse il bersaglio. Il corpo della guardia si afflosciò a terra continuando a sparare, finche i colpi cessarono, annunciando così la fine del conflitto.
– Wood!! Vic!! Usciamo, sono già qui!! ‘ disse Kore con in mano un cellulare,
– Crack dice che ci sono anche agenti. Forza, via via! – disse precipitandosi verso l’uscita di sicurezza aperta
Wood la seguì immediatamente, mentre un pompiere apparse all’ingresso della pista.
Vic si voltò pronto a correre dietro ai suoi compagni, ma l’immagine che gli apparse davanti agli occhi ebbe un effetto paralizzante.
In piedi, terrorizzata davanti a lui, c’era lei: la bella Helen, la sua Helen dai capelli neri. Ebbe un crampo allo stomaco, come quando sei anni prima la incontrava. Si irrigidì completamente e si ritrasse contro il banco del bar.
– Helen, sei bellissima… – fu quello che gli usci dalle labbra
– Victor, mio Dio, Victor, sei proprio tu’ Allora non eri morto! Tu… tu… hai ucciso… come hai potuto’
L’espressione sul volto di Helen era passata dalla sorpresa all’orrore. Ma per Vic quel volto era l’ultima cosa che lo legava alla realtà fittizia di Matrix.
– Helen, ti prego vieni con me! Ti mostrerò che ho sempre avuto ragione, che questa non è la realtà , che tutto quello che ti circonda è un’enorme prigione. Helen, ti prego seguimi!
Ora però era l’espressione sul volto di Vic a cambiare da felicità ad orrore. Helen, in piedi di fronte a lui, sembrava colta da fortissime convulsioni. Ma non erano convulsioni naturali. Vic le aveva viste parecchie volte in 4 anni da operativo. Un Agente si stava impossessando del corpo di Helen.
Tutto avvenne in un secondo. l’Agente alzò la mano destra nella quale teneva salda una pistola automatica ‘ Muori ribelle!! ‘ disse e sparò un colpo al cuore di Vic.
– He… Helen… sapevo che prima o poi… mi avresti spezzato il cuore! Helen io… io ti amo…
Si accasciò all’indietro contro il banco del bar, mentre la pioggia artificiale cadeva sul suo corpo e sui suoi ultimi secondi di vita.
Lo sguardo fisso verso l’agente, che si ritrasformava di nuovo in Helen, la cosa che più odiava al mondo che tornava ad essere la ragazza che aveva sempre amato. Si portò una mano al cuore.
– Sei’ bellissima – disse, spirando.