Matrix e l’Agostinismo
“Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas. Et si tuam naturam mutabilem inveneris, trascende et te ipsum. Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur.”
‘Non uscire fuori, rientra in te stesso: all’interno dell’uomo abita la verità. E se scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso. Tendi là dove si accende la stessa luce della ragione.'(De vera religione 39, 72).
– Agostino:
Gli elementi agostiniani presenti nella trilogia sono molteplici, ripetuti e ben visibili. Nonostante sia citato direttamente una sola volta, e per giunta non nei film ma in uno dei filmati di ‘Enter the Matrix’:
il sistema filosofico del pensatore medievale pare essere uno (e uno tra i più influenti) degli infiniti riferimenti filosofico-culturali che i Wachowski hanno voluto inserire nel loro capolavoro.
Agostino pone innanzitutto a fondamento del proprio pensiero la categoria di relazione. Secondo il vescovo di Ippona, una relazione è sempre formata da tre elementi: due termini, e la particolare ‘connessione’ appunto che li collega. Questo postulato è rivoluzionario in quanto da un punto di vista teologico è molto più semplice derivare da un ente supremo che è ‘relazionale’ il mondo del molteplice, mentre è molto più arduo piegare come da un dio concepito come ‘monade’, assoluto, perfetto, eterno e immutabile, possa aver avuto luogo la creazione del mondo del molteplice, dell’imperfetto e del caduco.
Dunque dio è relazione, ma di che tipo’
Il percorso di ricerca deve cominciare dalle nostre esperienze quotidiane, dal nostro vivere comune. Ebbene, Agostino osserva come tutte le cose del mondo siano frutto della ‘parola’ (Logos) di dio. Il Verbo, dicendole, ha posto le cose nel mondo, e in questo modo le ha rese ‘vere’, ancorché a volte ingannevoli (numerose pagine sono dedicate da Agostino alle ‘illusioni ottiche’). Gli enti percepibili sensibilmente sono segni della parola divina.
La nostra ricerca parte appunto da qui, dal punto più lontano immaginabile, dalle esperienze del sensibile.
Senza scendere troppo in tecnicismi particolari, la gnoseologia (scienza della conoscenza) agostiniana ipotizza che l’impressione sensibile sia in qualche modo ricevuta dall’organo di senso (attraverso l’azione dell’anima ‘vivificatrice’: la conoscenza non è dunque mera ricezione passiva) e passi attraverso diversi gradi nei quali diventa sempre meno distinguibile ‘l’oggetto’ della sensazione dal ‘soggetto’ che la recepisce.
Tutti questi passaggi arrivano ad un livello di astrazione in cui alla fine le entità della ‘relazione’ sono indistinguibili: la famosa analogia del pensiero che pensa il pensiero (tre cose distinte ma uguali). Questo rapporto tra soggetto e oggetto nella percezione è emblematico della nostra natura ‘trinitaria-relazionale’: una relazione (es. ‘Neo ama Trinity’) può essere scomposta nei suoi tre termini atomici (Neo-Amore-Trinity), ma può anche essere vista come una cosa unica, che lega due entità distinte e annulla la distanza che le separa (‘Che è dunque l’amore se non una vita che unisce, o che tende a che si uniscano due esseri, cioè colui che ama e ciò che è amato” )( De Trinitate 8, 10, 14).
Dal mondo del sensibile siamo arrivati ad ottenere un passaggio molto importante: noi siamo tutt’uno con gli enti intramondani, questi sono emanazione diretta della parola di dio (ricordate’ E’ il Verbo che ‘dicendole’ ha posto le cose nel mondo), noi siamo in ‘relazione’ diretta con dio. Ed egli non può che essere trinitario, proprio perché non può non essere relazionale. Le tre Persone della Trinità canonica sono anch’esse tre termini distinti ma uguali: il Padre, il Figlio (che ‘si è fatto carne’, quindi per estensione ‘l’uomo’) e lo Spirito Santo (l’Amore, la relazione tra il Padre e il Figlio, o nella versione estensiva, tra il Padre e i suoi figli, l’umanità). Inoltre, la natura trinitaria-relazionale della conoscenza e del nostro pensiero ci fa concludere che anche dio ha queste caratteristiche perché, come dice la Bibbia, noi siamo fatti ‘a sua immagine e somiglianza’.
Beh, ma tutto questo cosa c’entra con Matrix’
Innanzitutto il segnale più banale dell’agostinismo presente nella Tri-logia (‘ ci torneremo!) si trova nella scelta del nome della protagonista femminile (Trinity): Carrie-Ann Moss è quella che all’inizio del primo capitolo contatta Neo e permette la ‘relazione’ tra ‘il padre’ (Morpheus) e ‘il figlio’ (Thomas Anderson), tra risvegliante e risvegliato, tra il maestro e l’allievo. Lo Spirito Santo nella tradizione cristiana è proprio questo: ‘amore’ dal padre e dal figlio, ma un amore che non è da intendere in senso solo sentimentale. La parola latina ‘amor’, infatti, significava piuttosto un ‘tendere-verso’, un continuo ricercare dell’uno verso l’altro (Morpheus: ‘you may have spent the last few years looking for me, but I’ve spent my entire life looking for you’; ‘vedi, tu hai passato gli ultimi anni a cercare me, ma io è una vita, una vita intera che cerco te’), e quindi anche, ma non solo, il ‘sentimento amoroso’ cui oggi facciamo corrispondere la parola.
Trinity è dunque ‘amore‘, nel senso ampio del termine, e sarà proprio l’amore di lei e per lei quello che permetterà a Neo di accedere, nella sua ‘ascensione’ a livelli di comprensione sempre più alti, a quello che i Buddisti chiamerebbero il Nirvana (o, per rimanere in ambito cristiano, al ‘Regno dei cieli’, cfr. in Revolutions quando Neo e Trinity sulla Logos ‘ e torneremo anche su questo nome! ‘ per evitare le sentinelle decidono di prendere la via verso il cielo).
Ovviamente l’amore non è l’unica relazione possibile: pensate a quante e quali ‘connessioni trinitarie’ sono riscontrabili nei tre film: Neo e Smith, Morpheus e l’Oracolo, Oracolo e Architetto, Rama Khandra (con Kmala) e Sati (la quale è il simbolo di una nuova ‘tipologia relazionale’ per le macchine, slegata dallo scopo), Persefone e il Merovingio ecc. ecc.
Numerosi elementi simbolici sottolineano una marcata attenzione alla natura trinitaria dell’uomo e
della relazione: i numeri innanzitutto. La stanza d’albergo (‘Heart o’ the city hotel’:
e il cuore è l’organo che da sempre simboleggia l’amore) dove inizia e finisce il primo capitolo
della saga è la numero 303:
il numero sembra rispecchiare perfettamente quanto si diceva prima. E’ certamente possibile stabilire un ‘rapporto’ (non matematico, ma numerologico-simbolico) tra le cifre che compongono il numero, che è palindromo e speculare, formato da tre cifre, con lo 0 in mezzo (simbolo di circolarità, quindi di andamento in un verso e nell’altro, visto che una relazione è sempre a due sensi), e che inizia e finisce con il tre (e tra l’altro nella stanza contrassegnata da quel numero all’inizio del film vediamo Trinity, alla fine Neo), proponendo ancora l’indistinguibilità tra un termine e l’altro che abbiamo esaminato in precedenza. La stanza dove invece risiede Thomas Anderson è la numero 101:
quasi a sottolineare il fatto che il singolo, pur essendo per natura ‘relazionale’, senza l’aiuto degli altri (di altri ‘termini’ di relazione, e quindi in definitiva senza l’amor di cui parlavamo prima) è destinato a rimanere solitario (è così che vive Mr. Anderson) come in una prigione (è ancora bluepill).
In un vorticoso stile simbolico (molto agostiniano, anche questo) il numero 303 sembra dunque essere l’alpha e l’omega del concetto di ‘relazione’.
Molto interessante è anche il fatto che i Wachowski avessero in mente (fin dall’inizio!) di sviluppare la storia attraverso una tri-logia. Lungi dall’essere un’operazione di ‘moda’ o, peggio, commerciale, questa (t)ripartizione ha una valenza simbolica estremamente potente (ed è questo l’elemento che più di ogni altro ci convince che non ci potrà mai essere, almeno ad opera dei fratelli, un quarto episodio ‘ se non con un’altra tri-logia!!).
Tri-logia, allora. Sul significato del numero tre non aggiungiamo nulla a quanto già detto; alla locuzione rimane la radice logos. Prima di tutto ricordiamo quanto detto in precedenza: Agostino osserva che il ‘reale’ (‘whatever you wanna call it‘, ‘questa realtà, o come diavolo la chiamate voi’, per usare le parole di Smith) è segno del Logos divino, ed è quindi il primo gradino di una scala da percorrere per arrivare al signore.
Il secondo riferimento, obbligato, è l’icipit del Vangelo di Giovanni: en archè estì o logos (‘In principio era il Verbo’, con tutto quel che segue ‘ il verbo era presso dio, il verbo era dio, il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi). Nel capolavoro matrixiano il discorso è speculare: non il Verbo che si fa carne, ma la carne (di Neo) che progressivamente ‘si fa’ Verbo (Logos, simboleggiato attraverso il viaggio sull’omonimo hovercraft). Questo, in Agostino ma anche in altri pensatori come nell’Heidegger di ‘Essere e Tempo’, è quasi sempre dìa-logos, ossia un discorso-tra. Pensateci: è esattamente quello che fa Neo, che va, per chiedere un accordo, a dìa-logare con il Deus (dio, che era Verbo-Logos secondo l’evangelista Giovanni: indistinzione soggetto-oggetto come prima’ ancora un vortice simbolico eccezionale!) Ex-Machina.
Altre tracce di agostinismo della Matrice sono riscontrabili nel finale di Revolutions, quando Neo, cieco, riesce a vedere tutto ciò che è collegato alla sorgente sotto forma di luce.
Uno dei continuatori del pensiero di Agostino nel periodo medievale fu Bonaventura di Bagnoregio: uno dei suoi contributi originali alla storia del pensiero filosofico fu la teoria della ‘pluralità delle forme‘. Ossia, la materia non ha una forma definita e immutabile fin dalla sua costituzione, ma assume diversi livelli di forme sempre più precise e definite. Ma tutta la materia ha un’origine comune, una forma “primigenia” che assume prima di specificarsi e determinarsi nelle varie forme del molteplice: questa forma primordiale originaria è la luce. (quest’ultima tesi mutuata da un neo-platonico precedente a Bonaventura, Roberto Grossatesta). Qualche studioso agostiniano più spregiudicato avanza l’ipotesi che anche nella Teoria della Relatività Generale di Einstein si ipotizzi la luce (e la sua natura duale di onda/particella) come la forma prima della materia (e quindi anche il più grande fisico della storia sarebbe un neo-platonico/agostiniano…).
Tornando a Revolutions: tutto ciò che deriva dalla “sorgente” (quindi, in quel contesto, la ‘fonte di tutta la materia’, visto che in quell’ambiente le forme di vita naturale sono quasi impossibilitate a svilupparsi) è visto sotto forma di luce nella visione “primordiale” di Neo, quella che va oltre la determinazione materiale del sensibile (proprio perchè Neo manca del senso della vista, egli può trascendere “ciò che appare” per andare direttamente alla sua essenza, alla sua origine “luminosa”).
In definitiva, nonostante tra i riferimenti filosofici che di solito si citano per l’opera dei fratelli Wachowski non sia compreso Agostino, crediamo che quanto esposto sopra possa convincere tutti della considerazione che i due ragazzi di Chicago nutrono per lui. E per chi ha avuto il coraggio di legegre tutto fino in fondo, riportiamo prima una citazione che a nostro avviso calza a pennello alla Tri-logia e allo spirito con cui va guardata:
‘Sed qui totum inspicere non potest tamquam deformitate partis offenditur quoniam cui congruat et quo referatur ignorat’
Chi non sa vedere l’insieme del tutto viene turbato dall’apparente incongruenza della singola parte perché non sa a cosa sia adatta e a cosa si riferisca. (De civitate Dei 16, 8. 2)
E poi riproponiamo la citazione iniziale, che ora dovrebbe colpire ancora di più (per non parlare del fatto che chiudere come si è iniziato è un percorso circolare, tipicamente agostiniano:
Non uscire fuori, rientra in te stesso: all’interno dell’uomo abita la verità. E se scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso. Tendi là dove si accende la stessa luce della ragione.
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