Matrix, fantascienza intelligente!
L’idea è del sito Blastr.com, ovvero la nuova incarnazione dello storico portale Sci Fi Wire; in epoca di blockbuster a tutto spiano, si sono detti i suoi redattori, è sempre più difficile trovare pellicole per le quali gli spettatori vengono chiamati a impegnare il cervello oltre che gli occhi.
Ecco pertanto i sedici film più intelligenti e impegnati della storia, in ordine cronologico, secondo Blastr:
Ultimatum alla Terra (1951); film asciutto e privo di fronzoli firmato da Robert Wise, pone il tema del posto dell’umanità nell’universo, e di che destino vuole darsi. Da dimenticare il suo remake del 2008;
L’astronave degli esseri perduti (1967): basato su una miniserie tv degli anni cinquanta, il film affronta temi come l’evoluzione, le invasioni aliene, la creazione dei miti come quello del diavolo. Cerebrale e oggi superato, ma a suo modo affascinante;
2001: Odissea nello spazio (1968): impossibile non parlare di quello che è considerato il capolavoro di Stanley Kubrick. Un film sicuramente profondo e denso di significati, che ancora oggi, a distanza di quarant’anni, fa discutere ed è fonte di interpretazioni discordanti;
Stati di allucinazione (1980): uno dei film più intriganti firmati da Ken Russell, cineasta mai banale. Teorie quantistiche, mutazioni evolutive, droghe misteriose, deprivazioni sensoriali, coscienza cosmica, e accenni new age ante litteram;
L’esercito delle dodici scimmie (1995): l’ironica intelligenza di Terry Gilliam si era già espressa con Brazil. Qui raggiunge l’obiettivo di raccontare una storia curiosa e riflessiva sul significato del tempo e sui suoi paradossi, e in più ci mostra il viaggiatore temporale più sconclusionato della storia del cinema (Bruce Willis);
Contact (1997): Robert Zemeckis abbandona i toni della commedia per descrivere come “realmente” potrebbe verificarsi il primo contatto con una razza aliena, basandosi sul libro dell’astronomo Carl Sagan.
Dark City (1998): il film di Alex Proyas che sembrava essere anche troppo intelligente, e che come capita spesso ha avuto fortuna anni dopo la sua uscita, diventando una specie di cult. A tutto ciò ha contribuito la sua atmosfera veramente “oscura” e le riflessioni che pone sulla natura della realtà;
Pi ‘ Il teorema del delirio (1998): un mix di teoria dei numeri, manipolazione del mercato, schizofrenia paranoide e mistica ebraica. Il tutto filmato in un bianco e nero scioccante, che Darren Aronofsky, al suo esordio, utilizza per rendere al meglio il dubbio del matematico protagonista davanti al mistero del numero perfetto;
Gattaca ‘ La porta dell’universo (1998): film silenzioso e discreto, con il passare del tempo si è ritagliato un grande spazio per la forza con cui Andrew Niccol è riuscito a disegnare il futuro della genetica e delle biotegnologie, e dell’impatto sull’orizzonte soprattutto emotivo;
Matrix (1999): cosa è reale e cosa non lo è’ E se fosse tutto virtuale’ Interrogativi non banali che si mescolano a filosofie orientali e cultura hacker in un affresco rimasto nell’immaginario collettivo. i fratelli Wachowski hanno dato il meglio con il primo capitolo, esagerando con gli altri due;
Donnie Darko (2001): ancora viaggi nel tempo, universi alternativi, con la possibilità di cambiare il corso della storia. Il tutto in un film intrigante e malizioso che Richard Kelly firma con innocente divertimento; a distanza di anni è ancora difficile capirlo fino in fondo, e questo è un bene;
Minority report (2002): Steven Spielberg non è al suo massimo creativo, ma riesce comunque a fornire un’immagine dettagliata della società occidentale del prossimo futuro, dominata dal marketing e dalle tecnologie invasive, oltre che fornire qualche spunto di riflessione sul tema del libero arbitrio;
Primer (2004); oscura produzione a basso costo incentrata su tre amici che inventano una macchina del tempo, con i conseguenti loop e paradossi di difficile decifrazione. Bassissimo budget (settemila dollari circa) e alto tasso di “delirio” mentale;
I figli degli uomini (2006): la caduta della civiltà dall’interno, descritta da Alfonso Cuaròn in modo realistico e crudo. Un film su una catastrofe prossima ventura che mostra come, in fondo, ognuno di noi può trasformarsi in un eroe o in un criminale a seconda delle circostanze;
L’albero della vita (2006): Aronofsky ritenta la via della fantascienza con un film su un viaggio temporale anomalo, alla ricerca del senso della vita e del significato dell’immortalità. Un tentativo forse troppo ambizioso;
Moon (2009): ambizioso e intrigante progetto del giovane Duncan Jones, getta uno sguardo realistico e “sporco” su come probabilmente sarà il futuro dell’esplorazione spaziale, tra tecnologia spartana e problemi genetici. E sul senso di solitudine che può far perdere il significato di sé.
Questo è l’elenco, e come tutti gli elenchi è soggetto a critiche. Intanto la prima domanda che sorge spontanea è: perché proprio sedici film’ Sul merito delle scelte, alcune sono sicuramente all’altezza, altre appaiono un po’ forzate. Come sempre in questi casi poi, l’attività più interessante consiste nella caccia agli esclusi. Un film come L’invasione degli ultracorpi del veterano Don Siegel, per esempio, avrebbe potuto facilmente rientrare nella classifica per l’intelligente metafora dell’invasione “sommersa” che corrompe la società. Oppure un film come La fuga di Logan, con la sua analisi di una società futura in cui la vecchiaia è bandita. Il già citato Brazil di Gilliam è per certi versi superiore al film per cui il regista è citato, e d’altra parte tralasciare l’ironia di Dark Star, opera prima di John Carpenter, è davvero difficile. Venendo a tempi più recenti, stupisce l’assenza di District 9, film di grande impatto con il quale Neill Blomkamp ha rievocato la tragedia dell’apartheid.
Al di là del gioco, resta una grande (o piccola) scoperta: che in mezzo a molta paccottiglia, fatta di frastuono ed effetti speciali a profusione, di film di fantascienza intelligenti e di buon gusto ce ne sono davvero molti; forse troppi per una semplice classifica.
Fonte: www.fantascienza.com/