The Dreamer
La mattina seguente, come ogni mattina,
Jack si recò presso il suo studio
alla casa editrice New Life per correggere le bozze della ristampa del suo
ultimo libro e per mettere su carta le sensazioni e le emozioni che l’incubo
della notte gli avevano procurato. Forse sarebbe venuto fuori un altro racconto
di
successo, la gente sembrava amare le sue visioni oniriche della realtà.
All’ingresso la segretaria lo salutò come sempre cordialmente e
gli annunciò che lo attendevano tre signori che avevano chiesto di lui.
Una volta dentro lo studio, Jack vide i tre uomini seduti davanti alla sua
scrivania che lo attendevano compostamente e in assoluto silenzio. Si
diresse verso la sua poltrona.
–
Buongiorno signori, sono Jack Grace,
a cosa devo il piacere’
– Salve signor Grace – rispose uno dei tre – mi
chiamo Black, agente Black, e questi sono gli agenti Green e Brown. E’ un
piacere conoscere di persona il famoso Konte, il più importante scrittore
degli ultimi tempi!
Avevano uno strano modo di fare, molto pacato, quasi
riflessivo, ma era l’abbigliamento
che colpiva maggiormente. Avevano tutti lo stesso abito nero e portavano tutti
occhiali scuri.
– Vi ringrazio, ma non sono poi né così famoso
né così importante.
Comunque ditemi signori, cosa posso fare per voi’ – Jack si sforzava
di mantenere un atteggiamento cordiale e amichevole cercando di mascherare
quanto
più possibile la sensazione di inquietudine che quegli uomini trasmettevano.
– Mi dica signor Grace – continuò Black – quali sono le
fonti da cui traggono origine i suoi romanzi’
– Non capisco il perché di questa richiesta – rispose lo scrittore
che sentiva cominciare a montare dentro di se una sorta di ostilità verso
quella indebita ingerenza nel suo lavoro – e comunque si tratta di segreto
professionale, non vedo il motivo perché io debba svelarvi le mie fonti!
– Mi vedo costretto a insistere signor Grace e a chiederle nuovamente da cosa
trae ispirazione…
Jack cominciava a spazientirsi e allo stesso tempo a incuriosirsi verso quell’insolita
situazione.
–
Potrei saper il motivo di questa assurda richiesta’ – chiese cercando
di far luce sulle motivazioni che spingevano quegli uomini a interessarsi al
suo
lavoro.
– No, non può – fu la laconica riposta risposta dell’agente
Black.
– Mi spiace allora, ma non posso aiutarvi – rispose lo scrittore cercando
di assumere un tono e un atteggiamento alquanto accondiscendente ma allo stesso
tempo determinato.
– Vuole dire che non intende collaborare’
– Collaborare a cosa’ Comunque no, non intendo rispondere a questa domanda’ né ad
altre, quindi se volete scusarmi… sono molto impegnato.
– Mi rincresce molto signor Grace, vuol dire che dovremo costringerla.
Si ritrovò disteso
su uno squallido letto al centro di un’anonima
stanza con una forte luce bianca che pendeva dal soffitto dritta sul suo volto
e che gli rendeva penoso tenere aperti gli occhi. Riuscì a malapena
a vedere i tre uomini che si affaccendavano attorno ad uno stramo meccanismo
che
si trovava accanto al suo letto e da cui sbucavano alcuni fili che andavano
a finire sulla sua testa. Provò ad alzarsi ma scoprì che era
ammanettato al letto e che anche la testa era bloccata da qualcosa fissata
sulla fronte.
Fu immediatamente preda del più assoluto panico e cominciò ad
urlare come un ossesso invocando aiuto e chiedendo di essere liberato. I tre
agenti
non si lasciarono minimamente intimorire da quelle grida e con tutta calma
e naturalezza gli iniettarono qualcosa che in pochissimi istanti cominciò a
fare effetto. Dapprima la testa si mise a roteare vorticosamente, poi il corpo
cominciò ad irrigidirsi e a diventare sempre più pesante; le
palpebre diventarono due enormi macigni ed in breve, piombò in uno stato
di quasi catalessi nel quale tutto il corpo era immobile ma il cervello era
allo stesso
tempo confuso e vigile.
– Avevamo ragione, inseriscono flashback nella sua memoria durante la fase
REM ‘ disse
l’uomo che si era presentato come agente Black.
– Mi chiedo come facciano – lo interruppe Brown guardando Jack da dietro
i suoi occhiali scuri.
– I dati sono in fase di elaborazione’ presto avremo una risposta.
Black si avvicinò a Jack e si sedette sul bordo del letto – la ringrazio
per la collaborazione signor Grace, e sono felice di comunicarle che da oggi
i suoi incubi sono finiti. Addio!
Non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo
del suo computer, incantato dal pulsare del cursore che sembrava battere allo
stesso ritmo del suo cuore.
Finalmente aveva finito il suo lavoro, aveva terminato il suo racconto e improvvisamente
il peso di quei lunghi mesi di solitudine e angoscia cominciava lentamente
a soffocarlo. Ricordava distintamente il momento in cui era entrato in quella
sperduta
casetta di campagna, sopraffatto, senza motivo apparente, dal terrore di essere
perseguitato e seguito da qualcuno che volesse fargli del male, qualcuno che
ricordava solamente nei pochi sogni notturni che riusciva a fare.
Si accese l’ennesima sigaretta e guardò assente le spirali di
fumo azzurrognolo che si addensavano e danzavano sopra la sua testa. Quella
casa era
abbastanza grande per una sola persona e ciò non faceva che accrescere
il senso di solitudine che provava. Nell’aria c’era un cattivo
odore di chiuso e di polvere, di cibo andato a male e di fumo, e tutto l’ambiente
era permeato da un estremo disordine che a volte sfociava in sporcizia. Bottiglie,
piatti e bicchieri sporchi erano sparsi un po’ ovunque, e in ogni angolo
della casa c’erano oggetti fuori posto come se volutamente fossero stati
riposti a casaccio.
Aspirò un’intensa boccata godendosi il fumo
che lentamente scendeva nei suoi polmoni. Aveva ripreso a fumare da quando
sua moglie l’aveva lasciato
impaurita dalla sua paranoia che lentamente andava trasformandosi in pazzia.
E le sigarette erano ormai la sua unica compagnia così come quei maledetti
sogni che faceva da sveglio e che non riusciva ormai più a distinguere
se fossero reali o solamente sogni. Ricordava la preoccupazione di Mary ogni
volta che i sogni lo assalivano durante il giorno, i suoi insistenti inviti
a fare dei controlli sanitari e infine la sua resa di fronte all’aggravarsi
delle sue condizioni mentali.
Si era rifugiato in quel luogo sperduto per sfuggire a degli immaginari persecutori,
per convivere con i suoi sogni e per trasformarli in un libro. Ricordava le
giornate passate in un’estenuante alternanza di sogni e di scrittura. Giorno dopo
giorno le sue visioni aumentavano così come le pagine del suo libro, mentre
le notti rappresentavano gli unici momenti di assenza di sogni, tuttavia tormentate
dalla paura di essere sorpreso da uomini senza scrupoli.
Il trillo del suo telefonino lo fece improvvisamente ridestare dai suoi pensieri,
gettandolo in un profondo vortice di paura. Teneva sempre spento il cellulare
e da mesi non parlava con nessuno. Si chiese come potesse squillare dato che
era spento e soprattutto si domandò chi lo cercava. Decise di non rispondere
ma, mentre stava per spegnerlo, la sua curiosità ebbe il sopravvento
e azionò il ricevitore.
– Ciao Konte – era una voce femminile quella che sgorgava dal telefono,
una voce calda, suadente e stranamente familiare.
– Chi sei’ ‘ chiese Grace a quella donna che sembrava conoscerlo profondamente.
– Non ha importanza chi sono – rispose la voce – è importante invece
quello che ho da dirti. So che hai finalmente completato il tuo racconto.
– Come diavolo fai a sapere del mio racconto’ – la interruppe lo scrittore ‘ e
chi diavolo sei’
– Avrai presto delle risposte ‘ continuò la donna ‘ ma non
ora. Adesso devi sapere che sei in pericolo, io posso aiutarti, ma dobbiamo
vederci subito.
– Che significa che sono in pericolo, in pericolo da cosa’ – Jack cominciava
a spazientirsi e quelle affermazioni non facevano che aumentare lo stato di
panico in cui si trovava.
– Ascoltami, Konte ‘ riprese la donna ‘ ci sono degli uomini che
vogliono impossessarsi del tuo racconto e vogliono prendere te. Non ti permetteranno
di
pubblicarlo, quindi non contattare la tua casa editrice. Prendi il racconto
e vieni stasera in città. Accanto la chiesa di St. James c’è un
vecchio bar in disuso. Mi troverai li ad attenderti.
Jack non fece in tempo
a rispondere che già la donna aveva chiuso la chiamata.
Resto per un lunghissimo attimo a fissare il telefono tra le mani, come svuotato
da ogni pensiero. Voleva mandare tutto al diavolo, del resto forse si era trattato
di un altro sogno, forse stava diventando completamente pazzo. La voce di quella
donna però era come il canto delle sirene, pericolosa ma irresistibile.
Inoltre lei aveva saputo stimolare qualcosa che era più forte della
sua paura, la sua curiosità.
Improvvisamente sentì scorrere nelle sue vene una forte ondata di adrenalina,
un nuovo impulso vitale che velocemente si andava impadronendo del suo essere.
Decise che doveva andare, che doveva parlare con quella donna, che doveva capire
cosa
gli stava succedendo.
Tre ore più tardi guardava da dietro il finestrino
della sua automobile l’entrata del bar dove quella donna lo stava presumibilmente
aspettando. La sigaretta che teneva tra le dita stava ormai spegnendosi ma
lui non trovava
la forza per decidersi a lasciare l’auto ed entrare in quel locale dove
forse avrebbe trovato tutte le risposte alle sue domande. O forse era quello
che gli faceva più paura. Forse erano le riposte a terrorizzarlo.
D’un tratto però diede uno strattone allo sportello e scese dall’auto.
Si guardò in giro con circospezione cercando di notare figure sospette,
si strinse dentro il suo impermeabile, mise la mano nella tasca destra per controllare
se il dischetto con il racconto era ancora al suo posto e, finalmente, si avviò verso
l’ingresso del locale.
L’interno era debolmente illuminato e gli ci volle un po’ per abituare
gli occhi alla nuova condizione. Il locale era squallido e cadente oltre ad essere
deserto, tranne due persone che stavano sedute ad un tavolo in fondo alla sala.
Jack si mosse verso di loro e si fermò davanti al tavolo guardando meravigliato
l’uomo e la donna che vi erano seduti.
– Benvenuto Konte ‘ disse la donna sfoggiando un timido ma rassicurante
sorriso ‘ io sono Cassandra e lui è Adam.
– Io ti conosco – la
interruppe Jack – so chi sei. Sei una dei protagonisti del mio racconto
e ti ho vista moltissime volte nei miei sogni. Com’è possibile’
Tu non sei vera…
– In parte hai ragione, non sono del tutto vera, almeno non qui e non ora –
rispose candidamente Cassandra, acuendo in tal modo quella sensazione di meraviglia
mista a prostrazione che si era impossessata di Grace.
Era una donna giovane, molto bella, con capelli soffici e biondi che fluivano
fino alle spalle impreziosendo un volto segnato da due splendide labbra e da
occhi scuri e profondi. La corporatura esile e agile allo stesso tempo era
evidenziata da una maglia nera, molto aderente che metteva in risalto la pienezza
dei suoi
seni mentre un paio di jeans chiari molto attillati fasciavano il resto del
suo corpo perfetto. L’uomo che lei aveva chiamato Adam, invece, sembrava essere
molto robusto anche se era coperto da un giaccone di pelle nero che lo rendeva
allo stesso tempo misterioso e inquietante. Il suo volto scuro era serio e contratto
e gli occhiali neri che portava anche in quel posto così buio contribuivano
a renderlo ancora più enigmatico.
– Accomodati ti prego – continuò Cassandra – hai molte domande
che esigono una risposta ma devi sapere che molte risposte tu già le
conosci mentre altre ti sembreranno incomprensibili.
– Infatti continuo a non capire – disse Grace dopo essersi seduto di
fronte ai suoi interlocutori.
– Perché tutto dipende dagli occhi con cui guardi le cose. La realtà che
ti circonda, ad esempio, non è quella che vedi, non è la vera
realtà.
La vera realtà è quella che tu hai sognato e che hai descritto
nel tuoi racconti. La vera realtà non è attorno a te, ma dentro
di te.
– Vuoi dire che quello che ho sognato non erano solamente sogni’ – chiese
lo scrittore sempre più turbato.
– Esattamente. E io ne sono la prova, non credi’ Tu hai sempre creduto che
io fossi solamente un personaggio dei tuoi sogni, e invece eccomi qui davanti
a
te.
– Ma allora, chi mi assicura che anche questo non sia un sogno’ – incalzò Jack.
– Giusto, potrebbe essere un sogno oppure potrebbe essere la realtà’ o
qualcos’altro! Io ti mostrerò la vera realtà, se tu lo
vorrai, ma prima abbiamo bisogno del tuo aiuto, o meglio, abbiamo bisogno che
tu continui
ad aiutarci.
– Cosa volete da me’ – chiese Grace cercando di mettere ordine ai pensieri
che si addensavano sempre più tumultuosamente nella sua mente.
– Devi sapere che i sogni che ti hanno permesso di scrivere il tuo racconto
sono stati in qualche modo indotti da noi.
– Perché’ – ringhiò Grace – e perché io’
– Abbiamo scelto te perché sei un ottimo scrittore e perché la
tua mente non era completamente offuscata dalla menzogna, e lo abbiamo fatto
per fare in modo che il tuo romanzo, che come ti ho detto rappresenta la verità,
sia letto e conosciuto dalla maggior parte delle persone possibile, affinché quindi,
quanti più uomini possibile comincino ad intravedere la vera realtà.
– Non ho ancora capito però cosa volete da me.
– Davvero non lo hai ancora capito’ Vogliamo il tuo racconto, il dischetto
con il tuo racconto.
– Non vedo il motivo per cui dovrei darvelo – la interruppe – se
davvero volete che sia letto, io posso farlo pubblicare e fare in modo che
venga diffuso capillarmente.
– Tu credi di poterlo fare, ma in realtà non puoi. La tua casa editrice è controllata
da persone che difendono questo sistema, questa non realtà, e impediranno
la pubblicazione del libro. L’unico modo per pubblicarlo è quello
di consegnarlo a noi, per questo adesso ti chiedo di darmi il dischetto, ci
penseremo a noi a pubblicarlo.
Proprio in quel momento un tonfo sordo invase
l’ambiente e le porta del
locale si spalancò. Cassandra e Adam si fiondarono in piedi imprecando
e impugnando allo stesso tempo delle pistole automatiche puntandole verso l’ingresso.
Entrarono tre uomini, ma prima ancora che potessero dire una parola, la coppia
cominciò a sparare nella loro direzione svuotando loro addosso i caricatori
delle pistole.
Jack nel frattempo si era buttato fuori dalla linea del fuoco e guardava incredulo
quegli uomini che sembravano schivare, con dei movimenti tanto veloci da essere
appena percepiti, le pallottole che venivano esplose verso di loro. Esaurito
il primo caricatore, Adam prese una sedia e la scagliò contro una finestra
per permettere una via di fuga, ma il vetro frantumato rivelò che la finestra
era ostruita con una grata metallica.
– Quei bastardi hanno cambiato il codice – disse rivolgendosi a Cassandra
mentre inseriva un nuovo caricatore nella sua pistola. Quest’ultima invece
era rimasta immobile con la pistola puntata verso i tre uomini e con uno sguardo
carico di odio.
– Salve Cassandra – disse uno dei tre – è un piacere rivederti,
purtroppo per te però, questa volta non puoi fuggire.
Grace li guardò con più attenzione, notando che i tre erano vestiti
in maniera identica, con un abito scuro dal quale spiccava la camicia bianca
e la cravatta nera. Tutti portavano gli occhiali scuri e l’auricolare
all’orecchio.
Ma la cosa più sorprendente era che anche loro avevano fatto parte dei
suoi sogni, li ricordava, anche se in maniera indistinta mentre complottavano
contro di lui che giaceva immobile su un letto.
– Signor Grace – disse poi rivolgendosi allo scrittore – è destino
che ci si debba incontrare, anche se immagino che lei non ricordi nulla
del nostro precedente incontro.
– Che cosa vuoi Black’ – gli chiese Cassandra impugnando nervosamente il calcio
della sua pistola.
– Esattamente quello che volete anche voi – rispose Black – voglio
il dischetto. Sono convinto che il signor Grace non farà obiezioni a
consegnarmelo.
Per risposta Cassandra ricominciò a sparare, seguita da Adam, ma anche
questa volta i tre uomini riuscirono a non essere colpiti e, una volta terminati
proiettili, si scagliarono contro la coppia. In un primo momento sia Cassandra
che Adam riuscirono a contenere l’assalto di Black e dei suoi compagni,
schivando o parando i pugni che gli scagliavano addosso, ma la loro resistenza
durò solo pochi attimi. La donna, dopo aver ricevuto un colpo al volto
che la fece barcollare, fu letteralmente scaraventata da Black contro il bancone
del bar mentre Adam ricevette un pugno in pieno petto che lo scagliò conto
la parete con una forza indescrivibile.
Black, mentre gli altri si preoccupavano di immobilizzare la coppia che giaceva
tramortita al suolo, si sistemò il vestito e si rivolse allo scrittore.
– Vuole adesso darmi il dischetto signor Grace’
– Vaffanculo ‘ rispose Jack in preda ad una sorda rabbia ‘ chi
siete e come diavolo sapevate che ero qua’
– Davvero non lo ha ancora capito’ Non ha capito che siamo stati noi a crearle
quello stato di paranoia e a spingerla a cercare rifugio in campagna’ L’abbiamo
controllata per tutto questo tempo e le abbiamo permesso di scrivere il racconto
solo per capire come facevano i ribelli a trasmettere i sogni che lei faceva
e, infine, per catturarli. Adesso il momento è giunto. Mi dia il dischetto.
– Vaffanculo ‘ rispose nuovamente Jack preparandosi a scagliarsi contro
quell’uomo.
– Vuole dire che non intende collaborare’ Mi rincresce molto signor Grace,
vuol dire che dovremo costringerla.
*****
Mary Grace aveva aspettato fino all’ultimo prima di decidersi a
farlo. Non avrebbe voluto, ma Jack sembrava davvero risoluto nell’e-mail
che le aveva mandato. Non si vedevano da mesi ormai, ma lei aveva continuato
ad amarlo
e sperava che un giorno tutto quell’incubo sarebbe terminato. Ma invece
di vederlo ricomparire da lei, aveva ricevuto quello strano messaggio nel quale
gli mandava il suo ultimo racconto chiedendole di diffonderlo in internet nel
caso non avesse avuto sue notizie per 24 ore.
Forse era la sua solita paranoia, ma questa volta sentiva che c’era davvero
qualcosa che non andava. L’aveva fatto per lui, perché forse quel
racconto era l’ultima cosa che li avrebbe legati, anche se adesso milioni
di persone avrebbero gratuitamente potuto leggere l’ultimo atto di Konte.