Un addio ad Enrico Livraghi.
Livraghi era nato a Cermenate nel 1941 e proprio a Como, in gioventù, insieme a un altro grande intellettuale lariano, Antonio Tettamanti (poi firma storica del «Mucchio selvaggio»), aveva cominciato a organizzare rassegne cinematografiche.
Gli piacevano moltissimo Fassbinder e Samuel Fuller, non aveva paraocchi, era un grande esperto di cyberpunk e scriveva saggi eruditi ma di piacevole lettura tra i quali il memorabile «Da Marx a Matrix» (DeriveApprodi, 2006), una discussione sulle trasformazione dell’epoca postfordista, quando viene alla luce in maniera chiara ed inconfutabile il fatto che «la sofisticata macchina digitale non è meno reificante della catena di montaggio fordista», nè meno alienante. Un aggiornamento della figura marxiana della forza lavoro, ma anche un profondo lavoro di ricerca critica intorno al “mito” moderno di Matrix. Enrico Livraghi una volta disse che il vero critico cinematografico è chi propone film a un pubblico, perché favorisce l’educazione di un gusto proprio. Quando nel 1990 il comune di Milano non lo aiutò a tenere aperta la sala compì un inaudito crimine culturale e gettò nello sconforto mezza città. La chiusura dello storico cineclub non gli impedì di continuare a parlare di cinema e a organizzare eventi a Milano, con rassegne ospitate in diverse strutture.
Esperto di filosofia dell’immagine, ha diretto la rivista di filosofia politica «Metropolis», ha scritto per «L’Unità», «Cuore» e «Duel» ed è stato collaboratore de «Il manifesto».
Fonte: www.laprovinciadicomo.it